“Fitness dalle 5 del mattino”, ripartenza palestre

Una palestra deserta.
Una palestra deserta. (ANSA)

ROMA. – Un settore che solo in Italia “produce 2 miliardi di euro l’anno di fatturato e che in tre mesi di lockdown rischia una perdita di mezzo miliardo”. Le palestre e la convivenza con il Coronavirus.

Mentre gli italiani costretti a casa hanno trasformato saloni e camere da letto in fantasiosi spazi per sedute di fitness in streaming, il mondo dei piccoli e grandi centri per l’attivitá fisica di chi fa sport per passione e salute, non per gareggiare, é in sofferenza.

E aspetta la riapertura, con la novitá del protocollo per la ripartenza atteso per il 18 maggio, che prevede tutte le azioni da compiere, dalla sanificazione alla preparazione del personale, la gestione degli ingressi, percorsi differenziati, segnaletica, protezioni, distanze e soprattutto numero degli accessi, oltre al grande problema degli spogliatoi e dei bagni.

C’è un indotto da salvaguardare attorno al mondo delle palestre, come racconta Vito Scavo, al vertice di McFit, grupo multinazionale che vanta solo in Italia 36 palestre, 250 dipendenti diretti e altri 140 indiretti.

“Parliamo di una cifra di circa 10 miliardi di euro l’anno. È tantissimo.  Ed è un settore che rispetto ad altri sport è ancora così poco considerato. Eppure vorrei ricordare al governo e agli addetti, che una palestra contribuisce tantissimo per la salute dei cittadini. Più sani sono, meno si ammalano e costano alla comunità. Quando si dimentica questo settore che per tanti anni ha contribuito alla salute del 10% dei cittadini non è il massimo”.

“Riapertura? Si dice che il 18 maggio dovrebbe ripartire tutto ma dobbiamo capire meglio sul protocollo”, specifica Scavo. I trend in altri paesi che già hanno riaperto i club possono aiutare a capire come sarà il mercato del fitness anche in Italia alla riapertura.

“In Repubblica Ceca hanno già riaperto da due settimane – afferma – nella prima settimana si era registrato il -60% dei clienti rispetto allo stesso periodo 2019, ma già la settimana successiva si è passati al -40%. Lentamente, i clienti prendono di nuovo fiducia e tornano alle loro abitudini”.

Le misure da rispettare sono un po’ le stesse per tutti: “Mascherina, guanti, distanze di sicurezza, più posti per disinfettare le mani. Si potrà usare l’armadietto per lasciare le proprie cose ma non ci si potrà spogliare né fare la doccia, almeno all’inizio sarà così anche in Itali”.

“Ridurremo inoltre la quantità di clienti che possono entrare contemporaneamente in palestra, in Italia bastano 7-8 metri quadri a persona. In 2000 metri quadri, duecento persone nello stesso ambiente ci possono stare. Ogni abbonato finiti gli esercizi dovrà pulire la sua postazione, ma questo già fa parte della cultura dei nostri clienti. Noi più volte al giornosanificheremo comunque l’ambiente”, afferma Scavo.

Per evitare sovraffollamento, si andrà verso software automatizzati (“Abbiamo una app gratuita e un istruttore virtuale che consente a poche persone di potersi allenare in sala”) e tornelli automatizzati ai software: “Quando si arriva alla soglia di massima portata il tornello si blocca. In più ricorreremo alle prenotazioni online per gestire i flussi e amplieremo la fascia oraria. Siamo disposti anche ad aprire dalle 5 del mattino fino a oltre mezzanotte”.

È chiaro che non tutti i club potranno permettersi costi del genere: “Noi siamo in grado di mantenere questo sforzo ma so benissimo che per tanti piccoli imprenditori del settore sarà molto difficile. Parliamo di una spesa che va dai 10 ai 30 mila euro solo di costi iniziali. Spero che il governo abbia previsto degli aiuti”.

E i molti abbonati che avevano già anticipato il pagamento? “La palestra dovrà comunque fornire il servizio già pagato prima del lockdown, quindi per le palestre si tratta di tre mesi a fatturato zero”.

La speranza di Scavo, come di tanti imprenditori attivi nel settore è che “non sia obbligatorio il controllo della temperatura. Noi abbiamo comprato anche termolaser e termoscanner ma c’è una questione di privacy, dati sensibili che non dovremmo essere noi a gestire”.

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