PARIGI. – Le cifre sono pesanti e impietose: più di 25.000 morti di coronavirus, crollo del 5,8% del Pil, fiducia nella gestione della crisi da parte del governo al 39%.
Alla vigilia di una riapertura in cui tutti sembrano già scontenti, la Francia si ritrova agli ultimi posti in Europa per risposta all’epidemia. “Scivoliamo nell’Europa del Sud”, lamenta oggi Le Monde. Ma il premier, incalzato dall’opposizione, non si arrende: “Vedremo, i conti si fanno alla fine”.
“A un certo punto – ha risposto oggi Edouard Philippe in Assemblée Nationale al capogruppo dei deputati dei Republicains Christian Jacob che lo inchiodava ai “risultati negativi” – potremo guardare nel dettaglio con la saggezza dello sguardo retrospettivo. Aspetto quel giorno con serenità”.
Philippe, presentando il progetto di riapertura dall’11 maggio già ieri bocciato dal Senato, è apparso particolarmente teso e polémico quando Jacob gli ha elencato i numeri dei partner, fra i quali l’Italia (calo del Pil meno pesante e fiducia nel governo), osservando che “tutti fanno meglio di noi”: “Lo dico con tranquillità, i conti li faremo alla fine – ha risposto il premier -.
Il paragone con gli altri Paesi non è a nostro svantaggio su tutti i punti. Il sistema italiano, che è stato spesso criticato, a torto, si è ritrovato in una situazione in cui ha dovuto effettuare la terribile selezione fra i malati per l’ingresso in rianimazione. Così non è stato in Francia. Non voglio denigrare i nostri amici, tutti siamo in una situazione difficile”.
E al leader socialista Olivier Faure ha fatto notare che la Francia ha messo in piedi per far fronte alla crisi un “sistema sociale piuttosto unico” e “infinitamente più efficace e generoso di quanto fatto in Gran Bretagna, in Spagna, in Italia, in Germania, negli Stati Uniti o altrove”.
A far risorgere l’incubo ricorrente dei francesi, quello del declino del proprio Paese, è stato oggi anche un editoriale di Le Monde. Che rimprovera, fra l’altro, “l’eccessiva centralizzazione” che ha impedito di adattare le politiche anti-epidemia a regioni diverse, un lockdown più duro dei vicini e la “gestione autoritaria” di un Paese appena uscito dai conflitti dei gilet gialli e della riforma delle pensioni.
Per non parlare degli errori nella comunicazione, la clamorosa impreparazione con la penuria di mascherine, respiratori e tamponi – problemi ancora non risolti – e una burocrazia in grado di soffocare anche gli spunti di ripresa positivi.
Il Pil che crolla più di tutti, poi, “allontana ancora un po’ di più Parigi da Berlino, facendo scivolare la Francia, simbolicamente, nei ‘Paesi del sud dell’Europa’, con tutti i cliché negativi che questo comporta”. La prospettiva?
“Da un lato – teme Le Monde – i Paesi del Nord del continente, meno colpiti dal Covid-19 e che ripartiranno più rapidamente; dall’altro, quelli del Sud, indebitati e handicappati nella loro ripresa”.
PARIGI. – Le cifre sono pesanti e impietose: più di 25.000 morti di coronavirus, crollo del 5,8% del Pil, fiducia nella gestione della crisi da parte del governo al 39%.
Alla vigilia di una riapertura in cui tutti sembrano già scontenti, la Francia si ritrova agli ultimi posti in Europa per risposta all’epidemia. “Scivoliamo nell’Europa del Sud”, lamenta oggi Le Monde. Ma il premier, incalzato dall’opposizione, non si arrende: “Vedremo, i conti si fanno alla fine”.
“A un certo punto – ha risposto oggi Edouard Philippe in Assemblée Nationale al capogruppo dei deputati dei Republicains Christian Jacob che lo inchiodava ai “risultati negativi” – potremo guardare nel dettaglio con la saggezza dello sguardo retrospettivo. Aspetto quel giorno con serenità”.
Philippe, presentando il progetto di riapertura dall’11 maggio già ieri bocciato dal Senato, è apparso particolarmente teso e polémico quando Jacob gli ha elencato i numeri dei partner, fra i quali l’Italia (calo del Pil meno pesante e fiducia nel governo), osservando che “tutti fanno meglio di noi”: “Lo dico con tranquillità, i conti li faremo alla fine – ha risposto il premier -.
Il paragone con gli altri Paesi non è a nostro svantaggio su tutti i punti. Il sistema italiano, che è stato spesso criticato, a torto, si è ritrovato in una situazione in cui ha dovuto effettuare la terribile selezione fra i malati per l’ingresso in rianimazione. Così non è stato in Francia. Non voglio denigrare i nostri amici, tutti siamo in una situazione difficile”.
E al leader socialista Olivier Faure ha fatto notare che la Francia ha messo in piedi per far fronte alla crisi un “sistema sociale piuttosto unico” e “infinitamente più efficace e generoso di quanto fatto in Gran Bretagna, in Spagna, in Italia, in Germania, negli Stati Uniti o altrove”.
A far risorgere l’incubo ricorrente dei francesi, quello del declino del proprio Paese, è stato oggi anche un editoriale di Le Monde. Che rimprovera, fra l’altro, “l’eccessiva centralizzazione” che ha impedito di adattare le politiche anti-epidemia a regioni diverse, un lockdown più duro dei vicini e la “gestione autoritaria” di un Paese appena uscito dai conflitti dei gilet gialli e della riforma delle pensioni.
Per non parlare degli errori nella comunicazione, la clamorosa impreparazione con la penuria di mascherine, respiratori e tamponi – problemi ancora non risolti – e una burocrazia in grado di soffocare anche gli spunti di ripresa positivi.
Il Pil che crolla più di tutti, poi, “allontana ancora un po’ di più Parigi da Berlino, facendo scivolare la Francia, simbolicamente, nei ‘Paesi del sud dell’Europa’, con tutti i cliché negativi che questo comporta”. La prospettiva?
“Da un lato – teme Le Monde – i Paesi del Nord del continente, meno colpiti dal Covid-19 e che ripartiranno più rapidamente; dall’altro, quelli del Sud, indebitati e handicappati nella loro ripresa”.
(di Tullio Giannotti/ANSA)