Tensioni governo, Conte: “Avremo brusca caduta Pil, rimbocchiamoci le maniche”

Il Presidente del Consiglio durante una conferenza stampa. a Piacenza.
Il Presidente del Consiglio durante una conferenza stampa. a Piacenza. (Ufficio Stampa Palazzo Chigi/Filippo Attili)

ROMA. – Una frenata sulla ricapitalizzazione con fondi pubblici delle piccole e medie imprese. Ancora tensioni sui fondi per la famiglia, per la sanità, sul reddito di emergenza e anche sulla regolarizzazione dei migranti e delle colf che lavorano in nero. Si riflettono sul decreto di maggio, le fibrillazioni politiche nella maggioranza. Il mordere della crisi e le difficoltà della ripartenza sono non solo il grimaldello delle sortite di Italia viva, ma anche la base di timori diffusi tra i parlamentari Pd e M5s.

Il premier Giuseppe Conte lavora per sopire le tensioni e per misure largamente condivise. Frena anche la proposta del ministro Roberto Gualtieri, sostenuta da Pd e M5s ma osteggiata da Iv, di ricapitalizzare con fondi pubblici le imprese tra i 5 e i 50 milioni di fatturato: si deciderà dopo un confronto con le parti sociali e in particolare gli imprenditori, che hanno assunto una posizione molto critica.

Ma al di là delle singole misure, che sono state al centro di un lungo vertice lunedì notte e tengono in stand by il Consiglio dei ministri (dovrebbe esserci tra giovedì e venerdì), il rischio che le tensioni della maggioranza si riflettano sulla tenuta del governo viene osservato con attenzione anche dal Colle. Nella convinzione – da tempo acquisita – che l’unica alternativa a questo esecutivo sarebbero le elezioni.

Neanche il referendum sul taglio dei parlamentari sarebbe sufficiente, vista la gravità dell’emergenza economica, a impedire un ritorno rapido al voto. Conte avverte Matteo Renzi che “l’instabilità sarebbe un gravissimo danno alla vigilia della ripartenza e indebolirebbe la nostra posizione in Europa in una fase decisiva”. Perciò una crisi sarebbe “incomprensibile” ai cittadini.

Il Pd e i Cinque stelle concordano con lui: “Non esiste lo spazio morale, oltre che politico, per ordire trame e ribaltare l’esecutivo”, dice Goffredo Bettini. Ma i renziani, a microfoni spenti, ribadiscono le loro critiche alla gestione del premier e aggiungono che, se si continua così, saranno i cittadini – sotto i morsi della crisi – a sentenziare la fine del governo. A quel punto l’idea di Iv è un nuovo governo con i cinque stelle ma a guida Pd o un governo di larghe intese.

La spinta a un nuovo esecutivo sarebbe non solo lo spirito di conservazione dei parlamentari ma anche la convinzione che non si possa andare a votare finché non si sarà svolto il referendum per il taglio dei parlamentari. Ma il referendum non può essere la ragione per rinviare sine die un eventuale appuntamento elettorale, ragionano al contrario al Quirinale.

L’idea, secondo quanto viene riferito da fonti parlamentari, è che per questa legislatura non ci siano altri governi possibili. Già esplorate in passato le dinamiche parlamentari realistiche. Dunque se l’esecutivo Conte dovesse cadere, si tornerebbe a votare, anche se non si fosse ancora svolto il referendum.

Di fronte a un’emergenza così inedita e pesante, le fibrillazioni politiche vengono osservate dal Quirinale con un supplemento di attenzione: il rischio, con l’apertura di una crisi al buio, sarebbe di entrare in una spirale e creare un vuoto istituzionale, nel momento in cui il Paese ha invece bisogno di un esecutivo nel pieno delle sue funzioni.

Una crisi prolungata non sarebbe sostenibile né di fronte ai mercati né di fronte ai partner europei, con i quali sono aperti tavoli cruciali per l’economia italiana.

E’ questa preoccupazione che dà sostanza alla convinzione che il ritorno alle urne e la nascita di un nuovo governo sarebbero l’unico scenario sostenibile. Conte lavora però, come due anni di esperienza e due coalizioni di governo gli hanno insegnato a fare, per sminare. In queste ore per condurre in porto il decreto economico, poi a tempo debito per affrontare le forche caudine del Parlamento sul Mes.

Il premier chiede così un supplemento di riflessione sulle misure per la ricapitalizzazione delle imprese con fondi pubblici, che farebbero entrare lo Stato, sia pure senza il controllo, nelle pmi. Sul suo tavolo arriverà anche la proposta di Teresa Bellanova di regolarizzare i migranti che lavorano come braccianti agricoli. Il Pd, con Peppe Provenzano, propone di estendere la misura a colf e badanti, anche italiani.

Ma dubbi trapelano dal M5s, che si stringe attorno al suo capo delegazione Alfonso Bonafede dopo lo scontro con Nino Di Matteo. Da sbrogliare c’è anche la matassa dei fondi per la famiglia, per i quali si batte Elena Bonetti, con Luigi Marattin, per Iv: “Le risorse sono del tutto insufficienti”, dice la ministra.

(Di Serenella Mattera/ANSA)

Lascia un commento