Coronavirus in Italia: calano i contagi, pressing dei governatori per riaprire

Coppia di anziani seduti al parco leggendo il giornale a Milano.
Due persone sedute al parco leggendo il giornale a Milano. ANSA/Andrea Fasani

ROMA. – Già il 18 maggio potrebbero riaprire una serie di attività la cui ripartenza era stata prevista per l’inizio di giugno, come bar, ristoranti e parrucchieri. I dati della Protezione Civile confermano anche oggi la discesa della diffusione del virus – con l’incremento dei contagiati totali mai così basso dal 10 marzo – e il governo valuta la possibilità che si possa accelerare ulteriormente il percorso della ripresa.

Con un punto fermo, però, nonostante la pressione dei governatori: si procederà con la massima cautela e prudenza, con un approccio differenziato a seconda della situazione in cui ogni Regione si troverà nel momento in cui andranno rivalutate le misure contenute nel Dpcm.

I dati dicono che il rapporto tra tamponi fatti e contagiati trovati è il più basso dal 10 marzo, di fatto l’inizio del lockdown: un positivo per ogni 51 tamponi circa, tenendo a mente però che oltre il 40% dei test effettuati sono ripetuti (secondo o terzo tampone od oltre) e non nuovi casi (oggi 58% nuovi testati e 42% ripetuti).

Resta la flessione costante della curva pandemica nel Paese con un calo netto dei malati nelle 4 regioni più colpite: 215 in meno in Lombardia, -239 in Piemonte, -303 in Emilia-Romagna, -118 in Veneto. Nella stessa Lombardia si registra però ancora il 46,5% dei nuovi contagi: 500 su un totale di 1.075 in Italia, segno che l’epicentro è sempre lì. Ma il vicepresidente della Regione Fabrizio Sala afferma che “il tasso di contagio (R con 0) è inferiore alla media italiana, 0,75 rispetto a 0,80”.

Le vittime sono invece arrivate a 29.315, con un incremento di 236 in un giorno anche se in 6 regioni – Umbria, Sardegna, Valle d’Aosta, Calabria, Basilicata e Molise – non si registrano morti nelle ultime 24 ore. Ancora una conferma che ci sono diverse Italia nell’emergenza. E’ per questo che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha ribadito che “fino al 17 maggio saranno in vigore le misure contenute nell’ultimo Dpcm”.

In un’intervista ad Affaritaliani ha però ribadito la disponibilità del governo a valutare. “Non ignoro le richieste di alcune Regioni e di alcune categorie di anticipare l’apertura delle rispettive attività. Siamo al lavoro anche per questo”. Il pressing dei governatori, d’altronde, è continuo.

“Se tutto andrà come ci auguriamo – dice il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini – i tempi previsti per bar, ristoranti e parrucchieri potrebbero essere anticipati” dal 1 giugno al 18 maggio. Il presidente del Veneto Luca Zaia parla invece di anticipare alcune misure ancora prima del 18. “Con il governo stiamo lavorando all’ipotesi – dice – Ci sono categorie come parrucchieri, estetiste e negozianti ancora chiuse”.

L’idea del governo sarebbe di alleggerire le misure anche prima dei tempi previsti, ma con una differenziazione a livello regionale in base a quelli che saranno i dati aggregati: più basso sarà l’indice di rischio più sarà possibile aprire. Ma poiché è evidente che i numeri non saranno uguali in tutta Italia, è altrettanto chiaro che bisognerà procedere in maniera differenziata. Su bar, ristoranti, parrucchieri e, anche, sugli spostamenti per raggiungere le seconde case fuori dalla Regione di residenza.

Ad oggi, ad esempio, muoversi dalla Campania alla Basilicata è molto meno a rischio che consentire uno spostamento tra la Lombardia e il Piemonte e la Liguria. Decisioni che comunque non riguardano l’immediato e che terranno anche conto del nuovo report che il coordinatore della task force Vittorio Colao dovrebbe consegnare al premier la prossima settimana: gli esperti stanno ascoltando vari soggetti economici – dalle pmi alle banche fino alle categorie che non hanno potuto ripartire all’inizio della Fase 2 – per capire come rimodulare le misure e intervenire in quei settori ancora fermi, verificare cosa non funziona.

Scelte da fare con la massima prudenza perché il rischio è di tornare indietro. E finire come ipotizza una ricerca dell’Imperial College di Londra: se la fase 2 dovesse produrre un aumento della mobilità delle persone compreso tra il 20 e il 40% rispetto alle settimane di lockdown più severo, l’Italia rischia tra 3mila e 23mila morti in più.

(di Matteo Guidelli e Luca Laviola/ANSA)

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