‘Studenti per l’emergenza’, a Milano brigata solidale

Persone passeggiano o vanno al lavoro in piazza Duomo e in Galleria Vittorio Emanuele in un primo, piccolo ritorno alla vita normale, Milano
Persone passeggiano o vanno al lavoro in piazza Duomo e in Galleria Vittorio Emanuele in un primo, piccolo ritorno alla vita normale, Milano, 04 maggio 2020, ANSA / PAOLO SALMOIRAGO

ROMA. – Le scuole chiuse non sono state per loro una scusa per stare in casa attaccati al telefonino. A partire dall’8 marzo, quando è scattato il lockdown a Milano, nella loro città, si sono sentiti al telefono e hanno deciso che questa sarebbe stata per loro l’occasione per rendersi utili verso chi ha di meno e sarebbe stato danneggiato dal blocco.

Senza perdere tempo a trovare nomi o sigle a effetto, hanno scelto di chiamarsi ‘Studenti per l’emergenza’ e il loro motto è: “Nessuno è inutile su questo mondo se alleggerisce il peso di un altro”. Per ora sono 80, erano dieci all’inizio, molti impegnati nella brigata Modotti e nel centro sociale Lambretta, in tanti sono minorenni.

Raccolgono fuori dai supermercati che glielo consentono derrate alimentari da consegnare poi, sotto forma di pacchi, a chi ne ha più bisogno, dai clochard a chi, in questa emergenza, ha perso il lavoro e non sa come mantenere i figli, agli anziani soli che hanno paura di uscire e ammalarsi.

E per ora i numeri sono di tutto rispetto: circa 7.500 chiamate al loro centralino 0240705564 in due mesi, una media di 350-500 al giorno, e altrettanti pacchi consegnati. “Qualche giorno fa -racconta Kadija, che ha 16 anni, vive in una casa famiglia e frequenta il secondo anno dell’istituto di Scienze umane economiche e sociali – una signora è uscita dal supermercato con un carrello e un sacchetto. Veniva verso di noi e ci siamo preparati a prendere il sacchetto, ma lei ci ha detto: ‘No, il carrello è per voi, questa busta invece è per me’. Mi sono emozionata”, dice con tutto l’entusiasmo di chi vuole rendersi utile agli altri.

La palestra popolare del centro sociale è stata adibita a magazzino: lì si smistano bottiglie di olio d’oliva, care in scatola, pasta e riso, legumi, biscotti, dentifrici, pannolini, shampoo, carta igienica. “Siamo attivi soprattutto nelle case popolari – spiega Alessandro, 20 anni, iscritto alla facoltà di Filosofia – è lì che c’è più bisogno”, e ricorda che per sostenerli nelle spese di consegna esiste la piattaforma di raccolta on line gofundme: basta andare sulla pagina facebook di Studenti per l’emergenza o su quella del Csoa Lambretta.

“Abbiamo trovato delle persone davvero bisognose, racconta André Lucat, fotografo di moda attualmente fermo da punto di vista lavorativo ma attivissimo verso i più deboli – Si tratta soprattutto di lavoratori in nero o a chiamata che adesso sono a casa: come un cameriere di 50 anni che è tornato da sua madre, o come un custode di case popolari il cui contratto di lavoro è scaduto a gennaio per non essere più rinnovato. Ha una moglie e due figli piccoli , e quando abbiamo portato loro il pacco alimentare si sono commossi.

Ma ci sono anche i pensionati che non sono riusciti a trovare guanti e mascherine e che hanno paura del contagio e i clochard, sempre più soli. Quello che sta emergendo è che tutte queste persone non hanno nessuna certezza sul loro futuro e una rabbia sociale repressa molto forte”.

I supermercati sono aperti e il tempo per le interviste è finito: ci sono tanti pacchi da preparare e consegnare, perché, come ripete ancora Kadija, “Nessuno è inutile su questo mondo se alleggerisce il peso di un altro”.

(di Simona Tagliaventi/ANSA)

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