“Hijos de puta”, 30 anni dopo Codesal riapre ferita Maradona

Codesal mostra il cartellino giallo a Maradona nella finale Gremania-Argentina del Mondiale 1990.
Codesal mostra il cartellino giallo a Maradona nella finale Gremania-Argentina del Mondiale 1990. (Gettyimages)

ROMA. – “Hijos de puta”. Nel ricordo di molti italiani, le notti magiche del Mondiale ’90 non sono solo gli occhi spiritati di Totò Schillaci o il gol di testa di Caniggia, in semifinale. C’è anche quell’insulto gridato da Diego Armando Maradona a tutta l’Italia, per i fischi all’inno argentino dello stadio Olimpico. Epilogo di una storia di amore e rivalità che intrecciava Napoli, l’Italia, El Pibe, la Fifa, l’Argentina.

A riaprire la ferita, 30 anni dopo quell’8 luglio, è Edgardo Codesal, arbitro uruguaiano di quella finale tra Germania e Argentina. A suo modo, anche quella di Codesal è una storia di orgoglio e vendetta. Nato a Montevideo, diresse quella finale come arbitro della federazione messicana, ma la sua origine geografica e le decisioni prese in campo (il rigore decisivo, fischiato alla Germania, uno reclamato e non concesso all’Argentina) lo hanno trasformato in un ‘nemico’:

“Ancora oggi, ci sono tifosi argentini che mi insultano – ha raccontato Codesal a Radio 1010, emittente uruguaiana -. In questi giorni mi augurano che sopravviva alla morte dei miei cari per coronavirus, perché soffra di più: una follia mentale, lo dico da Montevideo sapendo che queste mie parole arriveranno veloci e Buenos Aires”.

Ma la parola che sarà arrivata veloce e’ un’altra, e riguarda proprio Maradona: “Grande ammirazione per le cose incredibili che faceva in campo, ma come persona era spiacevole: una delle peggiori che abbia incontrato in vita mia”.

Quella di Codesal è una vendetta per le durissime parole usate dal Pibe il giorno dopo la finale persa, come si capisce anche dalla ‘vocetta’ storpiata da lui usata in radio per raccontare le parole di Maradona, che dopo quella finale lo accusò parlando di ‘mafia della Fifa’.

Trent’anni dopo, l’arbitro fornisce la sua versione: “La verità – dice – è che avrei dovuto espellere Maradona prima del fischio d’inizio, per quell’insulto a tutto lo stadio. Il regolamento diceva questo, io usai buon senso e la discrezionalità dell’arbitro per calmarlo. “Sei il più grande, non te la prendere: gioca e ti toglierai questa spina”, ma lui bofonchiò altri insulti”.

Quel che Codesal non ricorda, o non poteva sapere, è che in quell’insulto c’era tutta la storia tra Maradona e il suo calcio d’allora. Sullo sfondo, la semifinale Italia-Argentina, il San Paolo, l’invito del Pibe ai partenopei perché tifassero per lui contro l’Italia che li trattava da terroni per 364 giorni l’anno, le risposte piccate degli azzurri, le polemiche.

“Io quel giorno al San Paolo tifai per Diego”, raccontò tempo fa Paolo Sorrentino, regista napoletano allora ventenne, segno di una lacerazione vera. Così quando i tifosi dell’Olimpico fischiarono Maradona, oltre alla frustrazione per l’eliminazione degli azzurri c’era la presa d’atto di un amore finito.

“Durante la partita – ha raccontato ancora Codesal – espulsi Monzon e lui mi disse ‘ti ha mandato la Fifa per fare un furto’. Avrei dovuto espellerlo anche lì..”. Non lo fece, e quel ‘hijos de puta’ è rimasto per sempre.

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