L’Ue d’accordo sul Recovery Fund, ma non sui contenuti

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen in una conferenza stampa.
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen in una conferenza stampa.(ANSA/ EPA/PATRICK SEEGER)

BRUXELLES.  – Fino a qualche giorno fa doveva essere uno dei vertici più importanti della storia dell’Ue. Ora è invece visto come l’ennesimo incontro interlocutorio che calcerà la palla un po’ più in là. I 27 leader europei si vedranno in videoconferenza domani per fare qualche passo avanti sui principi per far nascere il Recovery Fund, o fondo per la ripresa, ma non faranno alcun progresso sui contenuti, in attesa della proposta formale che la Commissione presenterà il 29 aprile.

Dalle prime indiscrezioni, la presidente Ursula von der Leyen sarebbe disposta a mettere sul tavolo una proposta da 1.600 miliardi, cioè una potenza di fuoco simile a quella chiesta da Italia, Francia e Spagna. Sembra invece scontato, al vertice, il via libera finale ai tre paracadute approvati dall’Eurogruppo, cioè quello per gli Stati (Mes), quello per i lavoratori (Sure) e quello per le imprese (nuova Bei).

Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel sa che si troverà di nuovo a gestire due fronti opposti: il Nord contro il Sud, ovvero chi vuole usare solo gli strumenti esistenti come il bilancio Ue per aiutare la ripresa e chi vuole invece creare quegli “strumenti innovativi” di cui aveva già discusso l’Eurogruppo, senza successo. Michel non vuole rischiare di mettere sul tavolo argomenti troppo divisivi, che potrebbero tenere i leader impegnati per lunghe ore senza arrivare a nessuna conclusione, dando così l’immagine di un’Unione sempre in disaccordo.

Per questo, già a inizio settimana ha cominciato a mediare, convocando un minivertice a cinque con i leader delle due fazioni: Giuseppe Conte, Pedro Sanchez, Emmanuel Macron da una parte, Mark Rutte e Angela Merkel dall’altra. Già il fatto che tutti abbiano partecipato è un segnale di disgelo, visto che due settimane prima il tentativo era fallito.

Anche se il clima della riunione sarà migliore, non significa che sarà più facile trovare una convergenza. L’unico punto su cui si potrà cantare vittoria è affermare la necessità di creare un fondo per la ripresa. Le idee su come crearlo sono ancora molto diverse.

C’è la proposta spagnola, la più ambiziosa: il Recovery Fund deve essere finanziato attraverso un “debito europeo perpetuo”, gestito dalla Commissione Ue sulla base di garanzie prese dal bilancio comune, e capace di dare agli Stati sovvenzioni a fondo perduto. É un’idea completamente indigeribile per i Paesi del Nord, i quali alla vigilia del vertice europeo sono già soddisfatti che sul tavolo non ci siano più gli Eurobond. Far indebitare la Commissione Ue, con un debito perpetuo, la considerano una strada vietata dai Trattati.

C’è poi sempre la proposta francese: la Commissione costituisce il fondo grazie a garanzie degli Stati e concede prestiti a lunga scadenza, in base alle necessità di ognuno. E poi c’è la proposta italiana, che è un tentativo di compromesso molto realista: un fondo di solidarietà gestito da Bruxelles, con la garanzia del budget europeo, ma includendo inicialmente garanzie comuni di tutti gli Stati membri. Le risorse che la Commissione Ue raccoglierà sui mercati daranno prestiti “back to back” agli Stati membri, con “scadenze il più possibile a lungo termine”.

Tutti accettano il concetto del fondo, la Germania accetta anche che sia la Commissione a gestirlo e strutturarlo come un grande Sure (garanzie statali che si moltiplicano sui mercati). Purché dia prestiti e non sovvenzioni. L’Olanda invece resta scettica su tutto, perché non ritiene che sia questo il momento di dare più poteri alla Commissione e sovvenzioni agli Stati.

Mentre l’Italia, chiarisce Roberto Gualtieri al Financial Times, insisterà sulla necessità di trasferimenti (grants) a fondo perduto e non prestiti, per “evitare un peso eccessivo sul peso pubblico dei singoli Stati”.

Per mediare, la von der Leyen potrebbe proporre non sovvenzioni ma prestiti a lunga scadenza, da un fondo che nasca all’interno del perimetro del bilancio europeo ma che funzioni in modo autonomo come il vecchio piano Juncker per gli investimenti, o il nuovo Invest EU.

(di Chiara De Felice/ANSA)

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