Coronavirus in Italia: prima volta calo malati, braccio di ferro su riaperture

Alcuni cittadini sono sottoposti a test sierologici organizzati dal comune di Cisliano, vicino a Milano
Alcuni cittadini sono sottoposti a test sierologici organizzati dal comune di Cisliano, vicino a Milano. ANSA/ MATTEO CORNER

ROMA. – Ci sono voluti due mesi esatti di emergenza e 40 giorni di lockdown: per la prima volta cala il numero dei malati di coronavirus in Italia. Una diminuzione minima nei fatti, solo 20 positivi in meno rispetto a domenica, ma consistente dal punto di vista simbolico anche perché si aggiunge ad una serie di segnali incoraggianti registrati anche oggi: il totale dei ricoverati nelle terapie intensive che è il più basso da un mese (oggi sono 2.573, 62 in meno di ieri), il calo dei malati in 12 Regioni – ma non in Lombardia dove la provincia di Milano è sempre quella col più alto tasso di contagi in Regione e si registrano ancora 163 morti, e in Piemonte -, Umbria, Basilicata, Calabria e Sardegna senza vittime.

Tutti numeri e indicazioni che, però, non consentono di sciogliere il nodo sul quale da giorni si sta consumando il confronto sempre più acceso tra governo e regioni sulle modalità della riapertura in vista del 4 maggio. Con l’esecutivo sempre più orientato per un avvio differenziato della Fase 2 e i governatori del Nord in pressing affinché ci sia un’unica data per tutto il paese.

Come si ripartirà, dunque? Un dato da cui iniziare c’è e sono le analisi degli esperti che, ormai da giorni, ripetono come se è vero che il dato complessivo italiano conferma la discesa dei contagi, è altrettanto chiaro a tutti che il virus continua a muoversi in maniera non uniforme, con alcuni territori che fanno molto più fatica di altri ad uscire dall’emergenza.

L’ultima è quella dell’Osservatorio nazionale sulla Salute nelle regioni italiane coordinato da Walter Ricciardi, il consulente dell’Oms e del ministro della Salute Roberto Speranza che è anche uno dei principali sostenitori della riapertura ‘differenziata’.

Lo studio sottolinea che proprio la Lombardia, assieme alle Marche, sarà l’ultima regione ad avere zero nuovi casi, non prima del 28 giugno. Il Piemonte e il Veneto ci arriveranno il 21 maggio mentre molte altre regioni del Centrosud tra la fine d’aprile e l’inizio di maggio. Le conclusioni le tira il direttore scientifico Alessandro Solipaca. “Il passaggio alla Fase 2 dovrebbe avvenire in maniera graduale e con tempi diversi da Regione a Regione”.

Un concetto ribadito dal membro del Comitato tecnico scientifico Luca Richeldi: “Prevedo un network di misure sul territorio nazionale – dice – ma non posso escludere misure specifiche a livello regionale”. Che è proprio il tema su cui da giorni montano le frizioni tra governo e regioni. E tra gli stessi governatori.

Perché se un’intesa sembra esserci sulla necessità di avere linee guida nazionali che devono poi esser adattate su ciascun territorio, lo scontro è sulle date delle riaperture. Con il presidente della Lombardia Attilio Fontana che definisce “quasi impossibile” gli zero contagi e ribadisce la sua contrarierà a qualsiasi regionalizzazione: “o siamo in grado di contenere il contagio, allora si apre tutti, o se non siamo in grado non c’è chi ‘è più o chi è meno’. Perché se il contagio riprende anche da chi è meno è un rischio per tutti”.

Con la sindaca di Torino Chiara Appendino che gli fa da sponda chiedendo “che il Piemonte e la mia città possano ripartire insieme alle altre regioni”. E con Luca Zaia che nel chiarire la volontà del Veneto di attendere le indicazioni degli scienziati e di non voler mettere a repentaglio la vita dei cittadini, ripete quel che dice da giorni: “noi siamo pronti”.

Strategie diverse di pressing sul governo, così come quelle dei governatori del Sud, pronte a muoversi autonomamente – “l’Abruzzo non aspetterà il 4 maggio con le braccia conserte”, dice il governatore Marco Marsilio – e a bloccare gli arrivi dal Nord come ha fatto sapere ampiamente il presidente della Campania, De Luca.

Per decidere, il premier Giuseppe Conte attende per mercoledì la relazione del coordinatore della task force Vittorio Colao – che dovrebbe contenere una serie di indicazioni concrete su lavoro, trasporti, mobilità – ma intanto ha riunito i capi delegazione della maggioranza.

L’idea che si fa strada è quella di aperture ‘mirate’ e scaglionate, cercando però di non arrivare ad uno scontro frontale con i governatori, a partire da Fontana, facendo leva sulle indicazioni scientifiche. E non è un caso, allora, che il capo delegazione M5s, Alfonso Bonafede, al termine della riunione ribadisca la necessità che la ripartenza garantisca la “piena sicurezza per tutti i cittadini” e sottolinei la necessità per tutte le istituzioni nazionali e locali di essere “unite e coordinate nell’applicare e declinare le misure nei singoli territori”.

(di Matteo Guidelli e Luca Laviola/ANSA)

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