Buoni spesa e pacchi cibo, ‘vaccino’ contro sos povertà

Amministrazione comunale e Sae 112 distribuiscono cibo.
Amministrazione comunale e Sae 112 distribuiscono cibo. (ANSA)

ROMA. – Buoni spesa, pacchi di cibo consegnati dai volontari e donazioni dei privati. L’ordinanza per la “solidarietà alimentare” verso quelle migliaia di italiani che per colpa dell’emergenza coronavirus non riescono più a fare la spesa – perché o non hanno più lo stipendio o lavoravano in nero e dunque per lo Stato sono fantasmi – prende corpo dopo una lunga giornata di trattative tra l’Anci e il governo per fare in modo che nessuno rimanga escluso e che, soprattutto, la ripartizione dei fondi – comunque pochi secondo la stessa Associazione dei comuni italiani – rispetti davvero le esigenze dei territori.

“Non vogliamo lasciare nessuno da solo e abbandonato a sé stesso, siamo tutti nella stessa barca” aveva sottolineato il premier Giuseppe Conte annunciando sabato sera la misura, che dovrebbe essere in vigore già da oggi. E così dovrebbe essere visto che il provvedimento è alla Ragioneria di Stato per la bollinatura anche se l’Anci già dice che servirebbe almeno un miliardo, perché i 400 milioni bastano si e no fino al 15 aprile.

“C’è un contributo che viene dato ai Comuni e la possibilità di aggiungere donazioni per la solidarietà – ha spiegato il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli in conferenza Stampa – Si tratta di buoni spesa per derrate alimentari e la gestione sarà a cura dei servizi sociali”.

Ma come avverrà la distribuzione? I 400 milioni potranno essere utilizzati dai Comuni in due modi: o attraverso dei buoni spesa per l’acquisto di generi alimentari presso una serie di esercizi commerciali contenuti in un elenco pubblicato da ogni amministrazione, oppure per comprare direttamente generi alimentari i prodotti di prima necessità.

Sul valore dei buoni spesa è ancora in corso tra i tecnici dell’Anci la definizione dei criteri che dovranno poi definire sia l’importo sia la quantità assegnabile ad ogni nucleo familiare. A distribuire i pacchi spesa, come ha detto Borrelli, saranno invece i volontari appartenenti al terzo settore. Ai beni distribuiti dallo Stato si aggiungeranno poi le eventuali donazioni dei privati: singoli cittadini, produttori o distributori alimentari.

Ad individuare la platea dei beneficiari saranno invece i servizi sociali di ogni singolo Comune, che dovranno selezionare tra “i nuclei familiari più esposti agli effetti economici” e tra quelli “in stato di bisogno”, per soddisfare “le necessità più urgenti”.

C’è però un ulteriore elemento che andrà tenuto in considerazione: l’ordinanza prevede infatti che prioritariamente debbano essere aiutare quelle famiglie che non percepiscono già “un sostegno pubblico”: dunque prima chi non riceve già il reddito di cittadinanza o altri aiuti come il reddito d’inclusione.

Lo conferma il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta. “I buoni spesi non riguarderanno i beneficiari del reddito di cittadinanza, dobbiamo rivolgerci a persone indigenti, cosa che verrà gestita direttamente dai Comuni”.

Quanto alla ripartizione, l’80% dei fondi – 320 milioni – verrà distribuito in proporzione alla popolazione residente in ogni singolo comune mentre il restante 20% (80 milioni) verranno distribuiti in base alla distanza tra il valore del reddito pro-capite di ciascuno degli oltre 8mila comuni italiani, calcolato sulla base della dichiarazione dei redditi del 2017, e il valore medio nazionale “ponderata per la rispettiva popolazione”.

In ogni caso, dice ancora l’ordinanza, il contributo minimo spettante ad ogni comune “non può risultare inferiore a 600 euro”. Una quota che, se necessario, verrà decurtata da quella spettante alle amministrazioni con popolazione superiore ai 100mila abitanti.

(di Matteo Guidelli e Luca Laviola/ANSA)

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