Coronavirus in Italia: diecimila morti, calo dei malati. Il 3 aprile Italia non riapre

Coronavirus in Italia: la bandiera italiana in un balcone a Milano.
Coronavirus in Italia: la bandiera italiana in un balcone a Milano. ANSA / PAOLO SALMOIRAGO

ROMA. – Dopo aver superato anche la Cina per numero di contagi, l’Italia diventa il primo paese al mondo a oltrepassare la soglia delle 10mila vittime per il coronavirus e ha la metà dei morti dell’intera Europa. Ma l’ennesimo, triste, primato ottenuto dal nostro paese in questa battaglia contro il nemico invisibile arriva nel momento in cui si consolida quello che gli scienziati ripetono ormai da qualche giorno: la curva di crescita del virus sta subendo un rallentamento, grazie alle misure di contenimento adottate.

E’ dunque questa la strada sulla quale proseguire nelle prossime settimane ed è dunque già chiaro che il 3 aprile l’Italia non riaprirà, con il governo che forse già nel prossimo Consiglio dei ministri potrebbe varare il decreto con il prolungamento delle misure per altri 15 giorni.

I dati forniti dal capo della Protezione Civile Angelo Borrelli – rientrato dopo 3 giorni al Dipartimento che aveva lasciato mercoledì accusando sintomi febbrili, ed esser stato sottoposto al tampone con esito negativo – dicono che il numero dei malati è arrivato a 70.065, con un incremento rispetto a venerdì di 3.651. Significa una crescita inferiore al 7%, che è in linea e anzi in leggera flessione rispetto a quella degli ultimi 6 giorni, che si attestava tra il 7 e l’8%.

Non solo. Altri due numeri fanno ben sperare: il primo è quello dei guariti; sono arrivati a 12.384, ben 1.434 in più di ieri che rappresenta il numero più alto dall’inizio dell’emergenza. Il secondo riguarda invece la Lombardia, la regione più colpita: nelle ultime 24 ore si sono registrati soltanto 15 nuovi ricoveri in ospedale e 27 nuovi ingressi in terapia intensiva.

Cosa significa tutto ciò? Che i numeri assoluti restano quelli di una catastrofe enorme – come testimoniano gli 889 morti in più che portano il totale a 10.023 – ma che le misure adottate cominciano a dare i risultati sperati. “Se non le avessimo adottate in forma così drastica – sottolinea anzi Borrelli – avremmo ben altri numeri e ci troveremmo in una situazione insostenibile”.

E’ dunque il momento di non mollare di un centimetro, per far sì che la curva dopo aver rallentato cominci davvero a calare. Proprio per questo il 3 aprile l’Italia non riaprirà. Provvedimenti ancora non ce ne sono ma è solo questione di ore. “Ad inizio settimana – conferma il presidente del Consiglio Giuseppe Conte – ci confronteremo con gli esperti. Rimaniamo vigili per adeguare le nostre valutazioni sulla base delle loro raccomandazioni”.

Ancora più esplicita la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese secondo la quale “il 3 aprile è troppo ravvicinato per dire che verrà riaperto tutto”.

Si va dunque verso un prolungamento delle misure, con le scuole che non riapriranno e la chiusura delle aziende che probabilmente verrà prorogata. Se ne riparlerà dopo Pasqua, sperando che la curva dei contagi continui a decrescere e, soprattutto, che il virus non esploda al sud, che ha un ritardo rispetto alla Lombardia e alle Regioni del nord di almeno 15-20 giorni.

Prima però c’è un altro problema da affrontare ed è la tenuta sociale del meridione, dove migliaia di persone che nell’epoca precoronavirus lavoravano in nero oggi rischiano di non riuscire a mangiare. Il timore concreto di investigatori ed inquirenti è che si inneschi una rivolta sociale e una guerra tra poveri, dove la criminalità organizzata potrebbe infilarsi, sia alimentando le proteste sia cercando di portare dalla propria parte chi non ha più alcun mezzo di sostentamento.

“Sono seriamente preoccupata. I cittadini hanno delle esigenze primarie di cui lo Stato non può che farsi carico” ammette Lamorgese sottolineando che la solidarietà verso chi è in difficoltà “è una strada obbligata” per il governo. Ma, avverte, “il primo dovere di uno Stato è contrastare e perseguire qualsiasi comportamento illegale” e, quindi, si agirà “con fermezza ma anche comprendendo il momento di difficoltà”.

Significa niente militari e poliziotti davanti ai supermercati, per ora, ma se fosse necessario ci saranno i presidi. In ogni caso il governo è corso ai ripari, con il premier che ha annunciato un primo stanziamento di 4,3 miliardi ai comuni più 400 milioni che verranno messi a disposizione con un’ordinanza di protezione civile in modo che i volontari possano distribuire il cibo a chi non è più in grado di fare la spesa.

(di Matteo Guidelli e Luca Laviola/ANSA)

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