Bonafede: “Rivolta di seimila reclusi, da pochi atti criminali”

Una foto fornita dal SINAPPe mostra la rivolta nel carcere di Bologna
Una foto fornita dal SINAPPe mostra la rivolta nel carcere di Bologna, 10 marzo 2020. ANSA/SiNAPPe

ROMA. – Seimila detenuti protagonisti della rivolta nelle carceri, cominciata dopo le restrizioni imposte per l’emergenza Coronavirus e in cui sono stati compiuti “atti criminali” da parte di una minoranza. Dodici morti, per cause “per lo più riconducibili ad abuso di sostanze sottratte alle infermerie durante i disordini”.

Quaranta feriti tra gli agenti della polizia penitenziaria. E “gravi danni strutturali” in diversi istituti, soprattutto nel carcere di Modena – dove i morti sono stati 9 – ormai “in gran parte inagibile”.

In Parlamento, prima davanti al Senato, poi davanti alla Camera il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, fa il punto sulla protesta nelle carceri, che sembra essere rientrata almeno nelle sue forme più eclatanti. E chiede unità perchè sia chiaro il messaggio che “lo Stato non indietreggia di un centimetro di fronte all’illegalità”.

Le opposizioni non gli fanno sconti: Lega e Forza Italia lo accusano di inadeguatezza e chiedono che si dimetta. E anche la leader di Fratelli di Italia Giorgia Meloni boccia il Guardasigilli per non aver indicato la strada del “pugno duro” verso chi ha fomentato le rivolte. Mentre una parte della stessa maggioranza pretende la testa del capo del Dap, Francesco Basentini.

E’ Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva al Senato a chiedere apertamente il passo indietro. Ma anche Pietro Grasso (Leu) parla di una “gestione molto carente” del responsabile delle carceri, accusandolo di “ritardi” (“mi ha stupito leggere che solo ieri sono state mandate le mascherine in carcere”) e “indecisioni”.

E critiche al suo operato arrivano pure dal vicepresidente dei senatori del Pd, Franco Mirabelli, che intanto indica una via per alleggerire la situazione nelle carceri: non un indulto, ma i domiciliari per chi “ha poche settimane da scontare”.

Nella rivolta sono stati commessi incendi, danneggiamenti, devastazioni e addirittura violenze contro gli agenti della polizia penitenziaria, “ascrivibili a una ristretta cerchia di detenuti”, mentre la maggior parte dei reclusi ha “manifestato la propria sofferenza e le proprie paure senza ricorrere alla violenza”, dice Bonafede nella sua informativa alle Camere.

Il ministro esclude pure qualunque ritardo da parte del Dap nell’affrontare l’emergenza Coronavirus: “sin dalle prime avvisaglie dell’epidemia si è mosso per salvaguardare la salute e la sicurezza di tutti coloro che lavorano in carcere”, assicura, annunciando i primi tamponi ai detenuti.

Dai primi controlli – secondo il Sindacato di Polizia penitenziaria – sarebbero già risultati positivi quattro detenuti e sette agenti. Uno di loro è un allievo in tirocinio nel carcere Sollicciano di Firenze, dove oggi c’è stata la protesta di alcuni detenuti che hanno bruciato lenzuola, sedie e tavoli. Mentre in altre carceri- secondo il bollettino del Dap- i detenuti si sono limitati alla battitura delle inferriate e al rifiuto del vitto.

Concluse ieri sera le proteste a Trapani e Foggia, dove la procura ha aperto un’inchiesta sui disordini in carcere e polizia e carabinieri danno la caccia agli evasi: dietro le sbarre sono tornati in 62 e 10 sono ancora ricercati. Tra di loro c’è Cristoforo Aghilar, il 36enne che ad ottobre scorso ha ucciso la madre dell’ex fidanzata. I familiari della donna – che dopo l’evasione “vivono nel terrore, come dice il loro avvocato Michele Bodrio – sono stati condotti in una località segreta e protetta fuori regione.

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