Il Parlamento spiana la strada alla rielezione di Putin

Il presidente russo Vladimir Putin.
Il presidente russo Vladimir Putin. (ANSA)

MOSCA. – “Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi…”. Dopo mesi di indiscrezioni e retroscena proibiti, alla fine il gioco delle parti ha concepito un risultato concreto: Vladimir Putin potrà presentarsi alle elezioni presidenziali anche dopo la scadenza del suo attuale mandato, nel 2024.

Il topolino (la Duma, saldamente controllata dallo zar) ha infatti prodotto una vera e propria montagna: l’emendamento – proposto da Valentina Tereshkova, la prima donna a viaggiare nello spazio – che resetta il limite dei mandati al Cremlino, in virtù dei cambiamenti apportati alla Costituzione. E il tutto è stato approvato a razzo dal Parlamento in seconda lettura.

Lui, lo zar, si è presentato alla Duma per dare il suo parere sulla ridda di emendamenti depositati alla Camera – come ad esempio quello sulla possibilità di tenere elezioni politiche anticipate il prossimo settembre. “La Russia ha esaurito la sua quota di rivoluzioni, lo sviluppo deve seguire una lógica evolutiva e il presidente deve essere il garante della Costituzione”, ha detto Putin. Che poi si è espresso contro l’emendamento-Tereshkova (soprattutto per quanto riguardava l’ipotesi di abolire del tutto il limite ai mandati).

Ma – e qui sta il trucco – Putin ha concesso che, se il Parlamento “deciderà di approvarlo”, e poi sia “la Corte Costituzionale” che “il popolo russo”, il giorno del voto nazionale, daranno luce verde, allora lo sosterrà. Insomma: ‘Io non vorrei ma…’. Alla fine la Duma ha optato per il reset, ovvero non applicare il limite ai due mandati consecutivi previsto oggi dalla Costituzione a chi ha ricoperto la carica sinora. Ovvero Putin.

“Vedremo cosa accadrà dopo il 2024”, ha non a caso concluso lo zar, restando sul vago, a partita conclusa. Niente da fare invece per la clausola sulle elezioni anticipate, lì il volere del presidente è stato preso in considerazione.

Ora l’iter della riforma prevede una terza lettura alla Duma (una formalità), il passaggio al Senato (altra formalità), l’approvazione da parte dei consigli regionali, la firma presidenziale e, a sigillo, il voto nazionale (ancora si evita il termine referendum) previsto per il 22 aprile, benché la data non sia ancora ufficiale. Stando al Cremlino, non sono previsti ritardi dovuti alla diffusione del coronavirus. Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha d’altra parte dichiarato che la situazione in Russia, al contrario che in altri Paesi, è “sotto controllo” grazie alle misure varate dal governo. Avanti tutta, dunque.

Alcune sigle dell’opposizione hanno però subito dichiarato battaglia e chiesto al Comune di Mosca l’autorizzazione per una manifestazione di protesta il prossimo 21 marzo a corso Sakharov, ai limiti del centro città, poiché “un Paese dove la leadership non si è rinnovata per 20 anni non ha futuro”.

Alexei Navalny ha subito twittato amaro: “A me la Costituzione dà il diritto di candidarmi, ma non posso; Putin invece non potrebbe, ma invece potrà. Interessante no?”. E sulle possibili proteste nel suo entourage circola una battuta: ‘in quel caso arriveranno le regole anti-assembramenti per il coronavirus’”.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)

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