Coronavirus ferma la politica, la legislatura si scopre blindata

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri n.34.
Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri n.34. (Ufficio stampa Presidenza del Consiglio)

ROMA. – Guerre e emergenze di ampia portata sono solite favorire lo status quo. Lo dice la storia. In Italia lo dice anche l’attualità. Il Covid-19 ha, seppur con qualche eccezione, silenziato attacchi, polemiche, fibrillazioni. Dando la sensazione che il governo Conte II, e soprattutto la legislatura, si siano scoperti più forti.

I nodi, prima o poi, verranno al pettine. Iv tornerà all’attacco con le proprie proposte, a cominciare da quelle contro la legge Bonafede. E Matteo Salvini riprenderà il suo racconto rigorosamente anti-contiano. Ma è sul “quando” a regnare l’incognita. Perché, al momento, dell’emergenza coronavirus non si intravvede la fine.

Il Parlamento, da qui alle prossime settimane, si riunirà il meno possibile e solo per dossier legati all’emergenza. Il temutissimo voto sul Mes – il 16 marzo, all’Eurogruppo, potrebbe arrivare il primo sì ufficiale dei Paesi firmatari – ad esempio potrebbe non approdare in Aula prima dell’estate. Così come la riforma del processo penale, sulla quale, teoricamente, è destinata a prodursi la frattura tra Iv e il resto della maggioranza.

E poi ci sono i nodi più strettamente inerenti all’attività di governo, come quello sulla revoca delle concessioni ad Autostrade, che da tempo vede Matteo Renzi contrario e in trincea.

Il premier Giuseppe Conte ha almeno un mesetto per sfruttare questa pax forzata lavorando innanzitutto sui due decreti economici che stoppino il pericolo – concretissimo secondo Moody’s – di una recessione nel 2020. Ma servono risorse. I 7,5 miliardi messi in campo per il decreto che entro la settimana prossima dovrebbe vedere la luce non basteranno. E per questo Conte potrebbe fare la voce grossa con Bruxelles.

Due gli appuntamenti chiave: il faccia a faccia con la cancelliera Angela Merkel (potenziale sponda del governo) del 17 marzo a Berlino e il Consiglio Ue di fine mese. Proprio sui dl Conte dovrà fronteggiare il pressing delle opposizioni. Lega, Fdi e Fi chiedono un incontro che difficilmente il premier potrà rifiutare.

Ma Conte non ha intenzione di scrivere un decreto insieme a tutti: più volte ha posto l’accento sulla distinzione dei ruoli tra governo e opposizione. Una distinzione che allontana l’ipotesi, anche surrettizia, di un governo di tutti. Al di là della tregua, però, la maggioranza freme.

E Pd e M5S fibrillano. Organizzano conferenze stampa, si spintonano sotterraneamente sulle misure, provano a ad aumentare il loro raggio d’azione nell’ambito di quell’unità d’intenti richiesta con forza anche dal Quirinale. E’ una fibrillazione che si ripercuote anche sulle nomine. Fra poche settimane il governo dovrà stilare la propria lista di nomi per un numero corposo di partecipate, a cominciare dalle big quotate come Eni, Enel, Terna, Poste o Leonardo.

E l’emergenza virus non sembra aver ammainato le bandiere dei partiti. Pd e Iv, secondo alcune fonti di maggioranza, accoglierebbero di buon grado una conferma degli Ad uscenti. Ma il M5S non ci sta e pretende, almeno parzialmente, discontinuità. Un esempio? Le sollecitazioni ad un cambio di passo che Stefano Buffagni chiede per Eni, il cui Ad, Claudio Descalzi, qualche giorno fa ha incassato la difesa anche via social di Matteo Renzi.

Un congelamento del voto delle assemblee, per le partecipate quotate, è escluso perché produrrebbe incertezza per i mercati. Più probabile che ciò avvenga per le oltre trenta partecipate non quotate in capo al Mef. Si vedrà.

Come si vedrà se Conte e il Pd verranno incontro alla richiesta del M5S di un election day per Regionali e referendum sul taglio dei parlamentari. Ma, intanto, c’è l’emergenza. E il governo prova a mostrare un piglio diverso. Non a caso in serata Vincenzo Spadafora chiede che le partite di serie A siano trasmesse in chiaro. Misure d’emergenza, ma anche popolari. Come lo fu quella del “futbol para todos” di kircheriana memoria.

(di Michele Esposito/ANSA)

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