Emergenza virus in tre Stati Usa, allarme a New York

Persone con le mascherine escono dal metro a New York.
Persone con le mascherine escono dalla metro a New York. (ANSA)

WASHINGTON.  – Cresce la paura in America, dove l’emergenza coronavirus si aggrava di ora in ora, con il numero dei casi improvvisamente in ascesa – oltre 170 – e tre Stati che hanno dichiarato l’emergenza sanitaria: California, Washington e Florida. Nell’occhio del ciclone al momento c’è la West Coast, dove si sono registrati gli 11 decessi che finora hanno interessato l’intero Paese: 10 nell’area di Seattle e 1 in California.

Ma tutti gli occhi sono inevitabilmente puntati su New York, dove i pazienti risultati positivi sono triplicati in  meno di 24 ore, salendo da 6 a 22 e interessando anche il cuore della metropoli, Manhattan. E il picco è ancora lungi dall’essere raggiunto, hanno ammesso il sindaco Bill de Blasio e il governatore dello Stato Andrew Cuomo, sulle cui scrivanie ci sono già i piani di emergenza pronti a scattare se necessario, dalle scuole ai campus universitari, dai teatri alla rete della metropolitana.

Che i numeri siano destinati a crescere rapidamente nei prossimi giorni, in coincidenza con un drastico aumento dei controlli e della disponibilità di tamponi, è ormai una certezza. Questo nonostante lo sforzo dell’amministrazione Trump di non creare panico e allarmismo. Uno sforzo, però, dietro al quale i detrattori della Casa Bianca vedono una precisa volontà politica del presidente: quella di minimizzare il più possibile la situazione quando mancano nove mesi alle elezioni. E se il vicepresidente Mike Pence, che coordina la risposta all’emergenza, continua a ribadire ad ogni occasione che i rischi per gli americani “restano bassi”, Donald Trump nel corso di un’intervista a Fox News non ha mancato ancora una volta di stupire, contestando i dati ufficiali forniti dall’Oms.

Per il tycoon il tasso di mortalità del 3,4% indicato dall’organizzazione è un “numero falso”. “É una mia impressione – ha detto – che si basa sulle conversazioni che ho avuto con molta gente: vedrete che molte delle persone che contrarranno il coronavirus si riprenderanno rapidamente, senza neanche vedere il medico”. Dichiarazioni che fanno il paio con quelle di qualche settimana fa, quando Trump si disse certo che l’emergenza virus sarebbe terminata “in aprile, con il bel tempo”. L’Oms non cita mai il presidente americano, ma è difficile non intravedere nel suo ultima briefing una risposta anche all’amministrazione Usa.

“Siamo preoccupati che in alcuni Paesi il livello di impegno politico e le azioni che dimostrano tale impegno non corrispondano al livello della minaccia che tutti affrontiamo”, ha affermato il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus, aggiungendo che troppi non hanno ancora preso “abbastanza sul serio” la situazione che resta “grave” sebbene non sia definibile ancora una pandemia.

Intanto molti sono i segnali che indicano come l’opinione pubblica americana e le istituzioni locali comincino a temere il peggio. A Seattle, l’area finora più colpita, tutte le scuole sono state chiuse per 15 giorni, mentre i big del web come Amazon, Microsoft e Facebook hanno invitato i loro dipendenti a lavorare da casa. A San Francisco è stato impedito l’attracco ad una nave da crociera, la Grand Princess, proveniente dalle Hawaii, dopo che alcuni passeggeri e membri dell’equipaggio hanno mostrato sintomi del coronavirus. In molte città cominciano poi a vedersi code e scaffali presi d’assalto nei supermercati o nelle farmacie, soprattutto a caccia dei disinfettanti per le mani le cui vendite sono balzate nell’ultima settimana del 619%. Cresce anche la richiesta delle mascherine protettive, anche se il vicepresidente Pence ha più volte ribadito che per chi sta bene non sono necessarie.

Ma la preoccupazione più grande degli americani col passare delle ore è quella dei costi a cui potrebbero andare incontro per curarsi in caso di contagio. Costi che, visto il funzionamento del sistema sanitario Usa, rischiano di essere esorbitanti. Così, mentre la Camera ha passato un pacchetto di misure anti-emergenza da 8,3 miliardi di dollari, la Casa Bianca sta considerando la possibilità di usare le risorse del fondo nazionale per i disastri naturali al fine di pagare gli ospedali e i medici che curano pazienti che non hanno l’assicurazione sanitaria.

I dati del resto parlano chiaro: nel 2018 circa 27,5 milioni di americani, l’8,5% della popolazione, non aveva un’assicurazione sanitaria, neanche temporanea, nonostante gli sforzi compiuti con l’Obamacare.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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