L’emergenza virus piomba sul voto Usa, Trump nel mirino

Il senatore Bernie Sanders parla ai suoi sostenitori durante un comizio per le primarie democratiche al caucus di Des Moines, Iowa. USA.
Il senatore Bernie Sanders parla ai suoi sostenitori durante un comizio per le primarie democratiche al caucus di Des Moines, Iowa. USA. (ANSA- EPA/CRAIG LASSIG)

WASHINGTON. – L’emergenza coronavirus piomba sulla campagna elettorale americana, trasformandosi in terreno di scontro tra Donald Trump e i candidati democratici alla presidenza. L’accusa al presidente è di voler minimizzare a tutti i costi il pericolo per calcolo politico, mentre i suoi sostenitori gridano al complotto per screditare il tycoon e compromettere le sue chance di rielezione.

Il coronavirus può diventare “la Chernobyl di Xi ma anche la Katrina di Trump”, è la voce che riecheggia in queste ore tra le mura della Casa Bianca. Se infatti il presidente americano va in tv per rassicurare gli americani, dentro lo Studio Ovale non nasconderebbe il timore per una situazione che potrebbe improvvisamente aggravarsi anche negli Stati Uniti, con contraccolpi inimmaginabili sulle sue speranze di vittoria elettorale. E non è solo una questione di immagine: il tycoon sa bene che l’impatto che l’emergenza sanitaria sta avendo sui mercati potrebbe presto riverberarsi sull’andamento dell’economia, vero punto di forza della campagna del presidente.

Ecco allora che gli aspiranti avversari del tycoon nelle urne del 3 novembre, giunti allo snodo cruciale del Super Tuesday, vanno all’attacco a testa bassa. A partire da Michael Bloomberg, pronto a scendere in campo proprio martedì 3 marzo, quando si voterà in 14 stati per le primarie democratiche. Il tre volte sindaco di New York sfrutta il caso del coronavirus per ribadire come sia lui l’unico ad avere le giuste competenze, la giusta esperienza, ma anche i soldi necessari, per battere Trump il prossimo 3 novembre e guidare il Paese anche nelle situazioni più difficili: “Questo presidente non è pronto per affrontare emergenze simili, non è proprio in grado di farlo, è inadeguato. Sta mettendo la vita degli americani ogni giorno a rischio ignorando la scienza, assicurando che il virus scomparirà miracolosamente entro aprile e affidandosi al ‘bel tempo’ per porre fine alla diffusione dell’epidemia”.

“Gli esperti della sanità – recita poi il suo ultimo spot elettorale – hanno messo in guardia sul fatto che attualmente gli Stati Uniti sono impreparati di fronte all’emergenza, mentre gestire una crisi è proprio quello che Mike Bloomberg sa fare meglio”.

Una stoccata al presidente arriva anche dalla senatrice progressista Elizabeth Warren, pronta a presentare un piano con cui si dirottano sull’emergenza coronavirus gran parte dei fondi destinati al “muro razzista” ai confini col Messico: “Con quei soldi – afferma – si può contenere l’epidemia”. Tutte fandonie per gli ultras del tycoon, come il commentatore radiofónico conservatore Rush Limbaugh, ultimamente premiato da Trump con la Medal of Freedom, la massima onorificenza civile negli Usa. É proprio Limbaugh uno dei più attivi nel diffondere quelle teorie del complotto a cui spesso il tycoon sembra strizzare l’occhio. Cosi’ l’emergenza coronavirus viene descritta come il frutto del cosiddetto “deep state” per screditare ed affossare il tycoon in vista del voto.

Joe Biden se la ride, accusando invece la Casa Bianca di essere stata troppo accondiscendente con la Cina che non ha permesso l’ingresso degli scienziati americani. Per l’ex vicepresidente le primarie di sabato in South Carolina sono già l’ultima spiaggia. Anche se l’ultimo sondaggio, che lo vede avanti di 20 punti su Bernie Sanders, lascia aperto uno spiraglio per una rimonta anche a livello nazionale.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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