Renzi mette in ‘quarantena’ la crisi, tregua con Conte e Pd

Il Premier Giuseppe Conte durante la riunione del Consiglio dei Ministri per il coronavirus.
Il Premier Giuseppe Conte durante la riunione del Consiglio dei Ministri per il coronavirus. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – Il coronavirus agisce al contrario sulla febbre nella maggioranza di governo e la abbassa di colpo, con Matteo Renzi che mette “in quarantena” e rinvia la resa dei conti con il premier Giuseppe Conte ed i toni che si ammorbidiscono nelle due assemblee di Pd e Iv, dove oggi ci si aspettava andasse in scena l’ulteriore rottura tra dem e renziani.

“Mettiamo in quarantena le polemiche interne alla vita politica del Paese. In queste ore non siamo chiamati a prove di forza ma a stringerci con medici e persone contagiate”, mostra buona volontà Matteo Renzi, mentre fonti Iv fanno sapere che il chiarimento con Conte può attendere e ora bisogna rispodenre all’appello all’unità e alla responsabilità del Capo dello Stato e dello stesso premier, che chiama alla “massima compattezza”.

Nicola Zingaretti promette di fare la sua parte per contribuire all'”unità e alla collaborazione” necessaria per superare l’emergenza sanitaria che ha colpito l’Italia ed il mondo intero.

Ma è solo una tregua tra Pd e Iv ed entrambe i leader, di fronte alle rispettive platee, non rinunciano a mettere bene in chiaro le distanze. Il fronte della maggioranza si ricompatta di fronte all’attacco di Matteo Salvini per Zingaretti “con le sue meschine polemiche politiche inadeguato a governare”.

Ma restano in vista le cicatrici delle divisioni degli ultimi giorni. Il segretario dem stigmatizza i “picconatori” e definisce “un errore drammatico” l’aver minacciato “avventure solitarie”. Il Pd “non è disposto a subire manovre per indebolire l’azione dell’esecutivo”, è il suo messaggio ai riottosi alleati. Matteo Renzi controbatte a distanza: “Si è mostrificata la posizione di Iv senza dedicare una riga al tema di come si sta in politica.

Noi siamo patrioti, crediamo nell’Italia come produttrice di valori, contro i sovranismi. Ma siamo stati percepiti come quelli che vogliono far cadere il governo: noi invece vogliamo farlo alzare” si difende Renzi che controbatte: “si materializza il disegno di mostrarci come cattivi ma non possiamo dimetterci da riformisti come sta facendo qualcun altro pur di mantenere il proprio posizionamento”.

E’ la trincea riformista a cui Renzi non intende rinunciare confermando le sue quattro condizioni per restare al governo: la difesa del dettato costituzionale in materia di giustizia e la battaglia sulla prescrizione, il rilancio delle opere, la modifica del reddito di cittadinanza e il cosiddetto sindaco d’Italia.

“L’aver posto questioni di merito e un’agenda credo possa aiutare a capire se ci sono le condizioni per poter continuare a lavorare insieme” rinvia il redde rationem Maria Elena Boschi.

E mentre il Pd lancia l’altolà sulla soglia di sbarramento (“l’accordo sulla soglia non può essere oggetto di mediazioni al ribasso”) Boschi apre sulla riforma elettorale e sullo sbarramento al 5%: “noi non abbiamo paura di questa sfida” anzi vogliamo “si tolga il diritto di tribuna” ai partiti minuscoli.

Boschi accoglie con favore anche l’accelerazione del premier sul family act (“siamo contenti e soddisfatti”) ma mette in guardia da possibili “divisioni o tentativi di piantare bandierine: sarebbe incomprensibile per gli italiani”. Italia Viva insomma abbassa i toni ma non rinuncia alla sua guerra: “Ci preferiscono i responsabili? Diciamo ‘prego accomodatevi’, non siamo gelosi del nostro posizionamento ma delle nostre idee”.

L’ex Segretario dem Maurizio Martina respinge ‘l’alibi’ di Renzi: “altro che immaginare responsabili che li sostituiscano. Se sfiduciano il governo che hanno fatto nascere si devono fare carico delle conseguenze in modo limpido verso il Paese”.

(di Francesca Chiri/ANSA)

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