Coronavirus: l’epidemia ritrova il suo ritmo

Barella speciale per il trasporto dei malati di coronavirus.
Barella speciale per il trasporto dei malati di coronavirus. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA. – Ha ritrovato il suo ritmo usuale anche nelle cifre, in Cina, l’epidemia provocata dal coronavirus SarsCoV2. All’indomani dell’impennata nelle notifiche dei casi, dovuta esclusivamente all’introduzione dei nuovi criteri di conferma della malattia Covid-19, la curva dei grafici è tornata a segnare solo un leggero aumento.

Dopo che le autorità sanitarie cinesi avevano deciso di conteggiare anche le diagnosi basate sui sintomi della malattia, come tosse e febbre, nell’arco di appena 24 ore il numero complessivo era aumentato di quasi 15.000.

Non si tratta di nuovi casi, ma di diagnosi fatte durante l’intero mese di gennaio e non segnalate poiché fino al 12 febbraio si teneva conto solo della conferma basata sul test che amplifica le particelle di virus presenti in un campione prelevato con il tampone faringeo e che utilizza la tecnica della Pcr (Reazione a catena della polimerasi).

Oggi le statistiche pubblicate dal sito della community dei medici cinese Dxy indicano cifre molto ridimensionate, con oltre 5.000 casi cumulativi in più, che comprendono cioè entrambi i casi notificati con entrambi i criteri di diagnosi. Si continua inoltre a distinguere nettamente la situazione nella provincia di Hubei, focolaio dell’epidemia, da quella relativa al resto della Cina.

Che la definizione di “caso confermato” possa essere modificata durante un’epidemia non è un fatto nuovo, ma l’improvvisa impennata delle cifre non ha mancato di generare confusione e qualche polemica. Un esempio è il dibattito in corso sulla rete della Società internazionale per lo studio delle malattie infettive (Isid): c’è chi ritiene utile la decisione di adottare i nuovi criteri, chi la considera invece irrilevante e chi sostiene che che tenere il conto delle infezioni diventerà sempre meno semplice se l’epidemia continuerà a diffondersi.

Resta sul tappeto anche il problema delle persone asintomatiche, che pur avendo l’infezione da SarsCov2 non hanno sintomi e che per questo sfuggono a ogni classificazione: il virologo Malik Peiris, dell’Università di Kong Kong, li ha definiti un “iceberg invisibile”.

Conoscerne il numero è un’impresa, ma potrebbe dare risposte importanti, come quelle sul tasso di diffusione, il tasso di letalità e il tempo di incubazione.

(di Enrica Battifoglia/ANSA)

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