Di Maio irrompe nella piazza M5S, sulle alleanze resta il caos

Il ministro degli esteri Luigi Di Maio durante il punto stampa al termine del collegamento con l'ambasciata italiana a Pechino,
Il ministro degli esteri Luigi Di Maio durante il punto stampa al termine del collegamento con l'ambasciata italiana a Pechino, Roma 31 gennaio 2020. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA. – Avrebbe potuto essere la prima piazza del “post-Di Maio” e invece sarà la piazza della prima apparizione squisitamente “movimentista” del ministro degli Esteri da quando si è dimesso da capo politico. Nella breve diretta in cui Di Maio, dopo giorni di silenzio, torna a parlare del M5S sui social non c’è solo la scelta di un ritorno alle origini, ai temi anti-casta che hanno fatto la fortuna dei Cinque Stelle. C’è, probabilmente, anche un messaggio “interno” all’universo pentastellato: chi, erroneamente, pensava che quello di Di Maio fosse un addio aveva fatto male i conti.

E così, nei corridoi parlamentari, già si inizia ad avanzare ipotesi, a cominciare dalla “collocazione” di Di Maio, sul palco o nel pubblico. Di certo non è passato inosservato come la prima a lanciare la piazza anti-vitalizi del 15 sia stata Paola Taverna. Non è un dato marginale, perché è attorno alla vicepresidente del Senato che, sottotraccia, sta convergendo una mozione “congressuale” che vedrebbe Taverna leader e il Pd unico possibile interlocutore.

Mozione che non trova d’accordo i “dimaiani”. Tanto che, qualche esponente MS5, ipotizza quantomeno uno “spiazzamento” tra i fedelissimi di Tave all’annuncio di Di Maio. Del resto, sotto la superficie del rilancio della piazza – che inaugura una stagione “movimentista” che si prolungherà fino al voto sul referendum sul taglio dei parlamentari – c’è una forza politica in pieno caos, divisa sulle alleanze e con un malumore crescente, nei gruppi, nei confronti del ruolo di Rousseau all’interno del Movimento e sulla possibilità che il “partito-azienda” etero diretto da Davide Casaleggio abbia la meglio sul “partito-movimento”.

Sulle Regionali domani, probabilmente al Senato, ci sarà una riunione decisiva sulla Liguria. La pattuglia che vuole un accordo con i Dem – con un candidato come Ferruccio Sansa – è nutrita ma la candidata scelta su Rousseau con l’ok dei vertici, Alice Salvatore, naviga in direzione opposta.

In Campania il quadro è ancora più complesso. Chi vuole un accordo con il Pd, nonostante il “no” degli attivisti riuniti in un albergo di Napoli domenica scorsa, non ha perso la speranza, consapevole che la platea dei militanti campani è più ampia della platea del Ramada Hotel. Ma i margini sono stretti e, forse, solo uno scatto dei vertici sulla candidatura di Sergio Costa – con conseguente offerta ai Dem – potrebbe trovare un barlume di unità interna.

La frattura tra filo-Pd e fautori della “terza via” non è mai stata così netta. E c’è chi, anche tra i parlamentari, comincia a pensare che non sia più ricucibile. Con l’incognita Alessandro Di Battista, il cui rientro è previsto entro febbraio. I giochi, da qui agli Stati generali, sono apertissimi. “Si faranno subito dopo Pasqua”, ipotizza il ministro Federico D’Incà. Ma una data, al momento, ancora non c’è.

(Di Michele Esposito/ANSA)

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