Frenano i salari, metà dipendenti aspetta il contratto

Operai lavorando in una catena di montaggio. Salario
Operai lavorando in una catena di montaggio.

ROMA. – Lo stallo della contrattazione frena la crescita delle retribuzioni. Nel 2019 salgono dell’1,1%, contro l’aumento dell’1,5% segnato l’anno precedente, certifica l’Istat. Quindi quasi un dipendente su due continua ad andare in ufficio o in fabbrica con i vecchi accordi. Si tratta di 5,5 milioni di persone per cui gli scatti sono stati congelati.

E con lo scoccare del nuovo anno la situazione è peggiorata sensibilmente. Sono scaduti infatti i contratti dei metalmeccanici e di chi lavora nel commercio. A pesare di più però è il pubblico impiego, in ritardo già da dodici mesi. Gli stipendi sono anche lo specchio di un mondo che sta cambiando e dove i divari si allargano.

“Negli ultimi anni la struttura delle opportunità di lavoro si è fortemente polarizzata in molti Paesi avanzati, tra cui l’Italia”, dice il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che vede “un’espansione della domanda sia nelle occupazioni ad alto che a basso salario, ma con una diminuzione delle opportunità nelle occupazioni a medio salario”.

L’unica nota positiva è il paragone con i prezzi. “Si osserva, tuttavia, un lieve incremento medio in termini reali, grazie a una dinamica inflazionistica che, nel corso dell’anno, è stata molto contenuta”, scrive l’Istat, facendo il punto sulle buste paga.

E in effetti la forbice tra l’aumento delle retribuzioni e quello dei prezzi vede in vantaggio le prime, che crescono a ritmo quasi doppio. L’inflazione nel 2019 si è fermata allo 0,6%, salvando così il potere d’acquisto. Ma è una gara al ribasso, indice di un’economia che arranca. Un contesto che non aiuta i consumi.

La fotografia dell’Istituto di statistica al 31 dicembre 2019 vede vigenti 29 contratti, per un totale di 6,5 milioni di lavoratori. In attesa di rinnovo invece ci sono 44 comparti, per appunto 5,5 milioni di teste. Da gennaio però sono maturati anche i termini per tute blu, commessi e altri addetti alle vendite, trasportatori e magazzinieri.

Tutti settori che pesano e che insieme contano 4,8 milioni di persone. Tanto che la fetta di lavoratori coperta da contratti in regola dal punto di vista dei rinnovi, se non succederà nulla, a giugno si ridurrebbe al 13,6%, spiega l’Istat. Molto dipenderà dalle trattative tra sindacati e parte imprenditoriale.

Il bilancio dello scorso anno conta dieci contratti recepiti, a cui corrispondono circa 320 mila dipendenti. I più rilevanti, per numero di persone coinvolte, “quello della Fiat, del gas e acqua e dell’energia elettrica”. Guardando al blocco pubblico, che da solo è capace di muovere l’indicatore principale, durante il 2019 ha ancora beneficiato degli effetti della precedente tornata, registrando un incremento dell’1,9%.

Con l’ultima manovra lo stanziamento per il rinnovo è arrivato a 3,4 miliari di euro. Ma per i sindacati non basta. In attesa delle contrattazione comunque da luglio partirà il taglio del cuneo e, almeno lo stipendio netto, aumenterà per tutti i dipendenti con redditi fino a 40 mila euro.

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