Forza Italia contro la deriva populista, Salvini ridiscute le regionali

Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. Basilicata
Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi . ANSA/ PRESS OFFICE/ LIVIO ANTICOLI

ROMA. – A due giorni dal ko in Emilia-Romagna, il centrodestra insiste sul gioco di squadra e guarda alle prossime regionali di primavera ma, sotto la cenere, covano sospetti reciproci, mire e rivendicazioni. In particolare, sulle candidature in Puglia, Marche e Campania.

Per le tre regioni un accordo sui nomi (rispettivamente Raffaele Fitto e Francesco Acquaroli per Fratelli d’Italia e Stefano Caldoro per Forza Italia) sembrava chiuso a dicembre. Evidentemente non per tutti.

Non a caso dal salotto di Porta a Porta Matteo Salvini annuncia un vertice ad hoc con i due alleati : “Ci troviamo in settimana per scegliere tutto al meglio, donne e uomini in gamba”.

Del resto il confronto nel centrodestra è apertissimo. La conquista della Calabria grazie alla governatrice azzurra Jole Santelli, non attenua la batosta emiliana con Lucia Borgonzoni staccata di 7 punti dal governatore Bonaccini. Un risultato a cui ha contribuito anche il voto disgiunto, attuato probabilmente anche tra elettori moderati del centrodestra.

Un dubbio che serpeggia in ambienti parlamentari azzurri che non nascondono i mal di pancia per una certa deriva populista ed estrema di Salvini: nelle ultime settimane – si ragiona negli stessi ambienti – molti elettori hanno dovuto mandar giù le ‘citofonate’ del leader leghista. Oltre ai continui annunci di sfratto al governo Conte, condivisi politicamente ma pericolosi – in caso di elezioni politiche anticipate – per un partito sceso sotto il 5%,

L’analisi di Renato Brunetta è netta: “Il centrodestra vince quando convince, quando entra nelle ztl delle città, nella borghesia, quando convince il ceto medio e non si riduce a essere una destra estrema, populista o sovranista”.

Altri forzisti, nei corridoi parlamentari, ammettono a denti stretti che la frenata del ‘capitano’ può essere utile: a fargli abbassare i toni e la cresta e, allo stesso tempo per FI, a recuperare un po’ di ossigeno contro il rischio di essere cannibalizzata dalla Lega. Missione principale è quindi tenere sotto controllo Salvini, se non col voto magari con candidati forti e diversi dai suoi.

Punta a questo anche Fratelli d’Italia, ma da una posizione diversa: forte del suo quasi 10% confermato in Emilia e in Calabria, è Giorgia Meloni a ricordare che gli accordi chiusi si rispettano. Ossia in Puglia correrà Fitto e nelle Marche Acquaroli.

La leader del partito lo ripete partendo proprio dal voto in Emilia-Romagna: “Lì noi avevamo fatto proposte diverse, ma poi abbiamo detto sì a Borgonzoni, ci siamo battuti pancia a terra perché vincesse”. Quindi conclude ecumenica: “Non recriminiamo”. Ma aggiunge: “Come abbiamo fatto noi, siamo certi lo faranno anche gli altri alle prossime regionali”.

Dunque ridimensiona a “schermaglie locali” il fatto che la Lega possa ora rivendicare la Puglia, perché “da donna di destra, per me la parola è sacra. E non ho motivo di dubitare della parola di Salvini, come lui non ha mai avuto motivo di dubitare della mia”.

Fair play pure dall’ex vicepremier che smentisce il fuoco amico e proclama: “Più cresce il centrodestra, meglio è. Anzi pure Forza Italia deve andare avanti”, ricordando che la campagna elettorale emiliano-romagnola è stata chiusa dai tre big insieme.

Eppure anche Giancarlo Giorgetti non è definitivo sulla partita: ai cronisti che a Montecitorio gli chiedono se ci sarà un rimescolamento delle candidature, si limita a rispondere: “È tutto da vedere ma ora fateci riprendere fiato!”.

(di Michela Suglia/ANSA)

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