Nel M5S trincea anti-Pd. Incognita sulla data degli Stati Generali

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede in aula alla Camera durante le comunicazioni sull'amministrazione della giustizia,
Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede in aula alla Camera durante le comunicazioni sull'amministrazione della giustizia, Roma, 28 gennaio 2020. ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA. – Corsa solitaria, almeno a livello nazionale. Ritorno ai temi identitari. Riconquista della piazza. Si basa innanzitutto su queste tre direttive la trincea che, da qui alle prossime settimane, molti big M5S metteranno in campo per contrastare la mozione di chi, nel Movimento, vuole un’alleanza organica con il Pd.

Si tratta di una vera e propria controffensiva, che respinge con fermezza “l’offerta” arrivata dal premier Giuseppe Conte e pone come primo tassello l’elezione di Alfonso Bonafede a capo delegazione. Elezione, quella del Guardasigilli, che non cambia la linea del Movimento al governo rispetto a quella tenuta da Luigi Di Maio. “I dem vogliono inglobarci”, è, non a caso, il pensiero che filtra dall’ala che potrebbe essere definita dei “dimaiani”.

Ma la battaglia sul posizionamento è aperta e si incrocia con quella che appare un’incognita forse non solo più legata a mere questioni organizzative: la data degli Stati Generali. Previsto il 15 marzo l’appuntamento sarebbe dovuto poi slittare di un paio di settimane.

Ma il 29 marzo si voterà per il referendum sul taglio dei parlamentari, sul quale il Movimento si gioca una fetta della sua ripartenza. Il rischio, è che gli Stati generali slittino ad aprile, prima o dopo Pasqua. Di certo Il M5S non può permettersi di rinviarli troppo in là, visto le Regionali di maggio-giugno.

Il “congresso”, in realtà, si svilupperà ben prima. Le mozioni, al momento, sono sostanzialmente due. Quella filo-Pd e quella che segua la linea perseguita da Luigi Di Maio da capo politico. Lui, Luigi Di Maio, ancora non parla e probabilmente non sarà presente alla prima assemblea congiunta con Vito Crimi capo politico.

Diversi parlamentari attendono una sua mossa ma, difficilmente, Di Maio in questi giorni si esporrà. Eppure quello dell’ex leader sembra solo un arrivederci. Resta da vedere in quale veste e con quale squadra potrebbe tornare in campo.

L’idea, lanciata da Manlio Di Stefano, di un “consiglio” che faccia da segreteria al capo politico non è invisa ai vertici, contrari invece ad un organo collegiale. Nella sua proposta Di Stefano parla di capo politico “a tempo pieno”. E c’è solo un nome che risponde ad un simile identikit: Alessandro Di Battista.

L’altro nome che sarebbe in corsa, nelle ipotesi di queste ore, è quello di Paola Taverna portatrice di una mozione certamente più dialogante con il Pd. Il rischio è che, nel caos post-Regionali, il bandolo della matassa non si trovi tanto che uno della vecchia guardia, come Max Bugani, non esclude più una scissione in tre tronconi del M5S. Tradotto: un’implosione.

E, già sulle prossime Regionali, infuria la tempesta. In Liguria e Campania, in particolare, le pattuglie parlamentari spingono per un accordo con il Pd con un candidato terzo (quindi senza Vincenzo De Luca in Campania) ma la loro partita è difficile e l’apertura del Pd non è a tempo indeterminato.

I liguri, in particolare, sono sulle barricate dopo una riunione segreta tra la candidata scelta da Rousseau, Alice Salvatore (che sostiene la corsa solitaria) e il responsabile campagna elettorale Danilo Toninelli. “Un nome alternativo per un’alleanza con il c.sinistra? Voci infondate”, chiude la Salvatore. Ma l’opzione esiste, in Liguria come in Campania dove si preannuncia una sotterranea battaglia tra Roberto Fico e Di Maio.

Con la permanenza di De Luca il bivio neanche esisterebbe. Ma se i dem convincessero il governatore a un passo di lato allora anche i più scettici, nel M5S, potrebbero convincersi. “Solo così potremmo vincere”, ammette una fonte pentastellata. E un nome di un possibile candidato già c’è: il ministro Sergio Costa.

(di Michele Esposito/ANSA)

Lascia un commento