Dalla Cassazione sì al Referendum sul taglio dei parlamentari, urne possibili a marzo

Una sessione della Camera dei Deputati. Immagine d'archivio.
Una sessione nell' Aula della Camara dei Deputati. Immagine d'archivio. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

ROMA. – La Corte di Cassazione dà il via libera al referendum sul taglio dei parlamentari richiesto da 71 senatori di vari gruppi, e la parola spetta ora al Governo per fissare la data della consultazione che potrà svolgersi tra metà marzo e fine maggio. L’orientamento della maggioranza è di accelerare i tempi dato che ritiene che la probabile vittoria del sì stabilizzerebbe la legislatura.

La Cassazione era chiamata ad accertare la “legittimità del quesito” referendario, e la regolarità delle firme dei 71 senatori, depositate il 10 gennaio. Un esito scontato, visto che le firme erano state autenticate dagli uffici del Senato, cui ora devono seguire scelte più politiche, cioè la fissazione della data delle urne.

Il Governo ha 60 giorni di tempo per decidere la data del voto, che deve tenersi tra i 50 e i 70 giorni successivi. Se il Governo convocasse domani (venerdì) il Consiglio dei ministri, il referendum potrebbe svolgersi dunque anche il 15 marzo, mentre se si prendesse tutti i 60 i giorni per decidere e ricorresse ai tempi più ampi per la campagna elettorale si arriverebbe anche al 31 maggio.

I Comitati per il No, quello dei giuristi del Coordinamento per la democrazia Costituzionale (Cdc), e quello dei senatori coadiuvati dalla Fondazione Einaudi, chiedono che ci sia una adeguata campagna che coinvolga l’opinione pubblica, visto che durante la discussione della riforma in Parlamento non c’è stato dibattito.

D’altra parte la maggioranza vorrebbe accelerare i tempi perché, come spiega Stefano Ceccanti, capogruppo Pd in Commissione Affari costituzionali, la probabile vittoria del sì e l’entrata in vigore del taglio dei parlamentari ridurrebbe la voglia di urne anticipate “con indubbio effetto stabilizzante”.

Escludendo le domeniche delle Palme (7 aprile) e di Pasqua (12 aprile) c’è chi punta già al 22 o 29 marzo, mentre si andrebbe al 19 aprile o oltre se si concedesse un dibattito pubblico più ampio.

Alfiero Grandi e Domenico Gallo del Coordinamento per la democrazia Parlamentare ammettono che la campagna per il “no” sarà difficile: “ma alcune battaglie di principio vanno fatte”.

Lega e Pd si troveranno in qualche imbarazzo. La prima, come sottolinea Anna Macina di M5s, ha sempre votato in favore del taglio nei quattro passaggi in Senato e alla Camera, salvo dare il sostegno determinante nella raccolta delle firme per il referendum.

Il Pd si è battuto contro il taglio nei primi tre passaggi, ma nell’ultimo ha votato sì, condizione posta da M5s per far nascere il Conte 2. Ma anche in FI Osvaldo Napoli invita a una “riflessione approfondita”.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)

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