Davos: Trump minaccia l’auto Ue, tregua sulla web tax

Una persona sostiene un computer Apple Macbook Air durante una sessione di votazioni nel Parlamento europeo a Strasburgo, Francia.
Una persona sostiene un computer durante una sessione di votazioni nel Parlamento europeo a Strasburgo, Francia.(ANSA/PATRICK SEEGER)

DAVOS. – Gli Usa tornano a minacciare dazi al 25% sulle auto europee, con Trump che promette ‘”misure dolorose”. E Francia e la Gran Bretagna, in risposta, sono pronte a tirare dritto sulla web tax per tassare i maxi-utili delle big tech americane, se non ci sarà un accordo-quadro globale.

A Davos, il tema dei dazi si salda definitivamente con la maxi-elusione fiscale delle grandi corporation di internet, che in Europa pagano tasse irrisorie scegliendo la propia domiciliazione fiscale. E il cannoneggiamento fra le due sponde dell’Atlantico, non senza rischi di un’escalation, trasforma in un’arena di scontro il Forum economico mondiale, fino a ieri santuario del libero commercio e del multilateralismo Benedetto dal Wto.

É Trump, forte dell’accordo “fase 1” con la Cina, che ora, a pochi mesi dal voto di novembre e con l’impeachment in discussione a Washington, punta il mirino sull’Europa riaccendendo lo scontro.  “Se non otteniamo qualcosa, dovremo agire, e l’azione sarà tariffe molto elevate su auto e altri beni che vengono importati nel nostro Paese”. Il presidente Usa era stato anticipato dal suo segretario al Tesoro Steven Mnuchin, che giudica la “web tax” “discriminatoria” e minaccia l’auto “Made in Ue” a riprova che i due temi – il forte surplus commerciale europeo sugli Usa, e i profitti massicci realizzati in Europa dalle bigh tech, si stanno fondendo: una mossa con cui l’Europa punta a guadagnare potere negoziale.

In realtà un accordo sui dazi potrebbe essere vicino: la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, dopo aver visto Trump a Davos se lo aspetta “entro poche settimane”. Trump dice che l’Europa “non ha altra scelta” che negoziare e vede un accordo arrivare “davvero velocemente”.

La minaccia americana, avanzata più volte e altrettante ritirata, di dazi al 25% sulle auto europee punta a un nuovo accordo commerciale. Il presidente Usa, dopo le recenti offensive di nuovi dazi all’Europa, consapevole che lo scontro con leader stranieri porta voti e con la volontà di ridurre il maxi-surplus commerciale europeo (169 miliardi di dollari) minaccia ora l’arma letale specie per l’industria automobilistica tedesca se non avrà concessioni unilaterali: non a caso, Berlino mostra prudenza.

L’Europa, che ha molto da perdere (si parla di dazi su 20 miliardi di export americano, che impallidiscono di fronte a quelli minacciati da Washington) e un surplus enorme, mette allora sulla bilancia l’altra faccia dell’interscambio: i profitti monstre di Google, Amazon, Facebook o Amazon realizzati in Europa con tasse “mini” pagate in Irlanda o altre giurisdizioni favorevoli. La Gran Bretagna, contro le attese, tira dritto: “andiamo avanti, partirà ad aprile” in attesa di un accordo globale promette il cancelliere dello Scacchiere Sajid Javid.

Con il tallone d’Achille delle divisioni nell’Ue su un tema che richiede voto unanime, Paesi come Francia e Italia (che vedono minacciare l’export verso gli Usa di prodotti chiave, come champagne o parmigiano) prendono tempo. E passano la palla all’Ocse, sotto la cui egida si cerca un accordo globale per tassare i colossi del web senza andare allo scontro totale con gli Usa.

Bruno Le Maire, ministro delle Finanze a Parigi, a Davos, dopo un negoziato con Mnuchin che fa seguito a una telefonata fra Trump e il presidente Macron domenica scorsa, ha fatto la voce grossa: “siamo d’accordo con il segretario del Tesoro statunitense Steven Mnuchin per un quadro globale comune. Ma se non ci sarà un accordo la Francia non farà un passo indietro, ed è pronta a riscuotere la tassa sulle attività digitali delle grandi imprese globali a dicembre 2020”.

Insomma, dice Le Maire ai giornalisti di mezzo mondo accalcati in una stanzetta a Davos, “siamo d’accordo con il segretario del Tesoro statunitense Steven Mnuchin per un quadro globale comune. Ma se non ci sarà un accordo la Francia non farà un passo indietro, ed è pronta a riscuotere la tassa sulle attività digitali delle grandi imprese globali a dicembre 2020”. Una posizione su cui Le Maire ostenta compattezza europea, nonostante le prudenze tedesche e la riottosità di Irlanda e alcuni Paesi scandinavi.

E l’Italia? il ministro dell’Economia ROberto Gualtieri è a Davos, e potrebbe confrontarsi con Mnuchin. Le Maire si spinge ad affermare che “ho parlato oggi pomeriggio” con Gualtieri “e siamo completamente sulla stessa linea”. Ma in assenza di un accordo globale attraverso l’Ocse “spetta all’Italia decidere”.

(dell’inviato Domenico Conti/ ANSA)

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