ANKARA. – Perché la difficile tregua in Libia non sia anche “molto precaria”, tutta la comunità internazionale deve lavorare a un percorso politico di pace, scambiandosi informazioni e senza più “ingerenze”. E’ questo l’auspicio del premier Giuseppe Conte: riprendere il cammino sotto l’egida Onu, con magari una forza d’interposizione delle Nazioni Unite a garantire il cessate il fuoco.
Con l’Europa in un ruolo da “protagonista” e l’Italia, che valuterà senza “avventatezza” se inviare più militari, nelle vesti di “facilitatore della pace” e di “alleato” del popolo libico perché il Paese resti “unito”, “sovrano” e “democratico”, con l’approdo a libere elezioni. E’ questa la linea che Conte porta al tavolo dei colloqui con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
Il presidente del Consiglio giunge ad Ankara nelle ore in cui la Turchia è impegnata al fianco della Russia nel difficile negoziato per il cessate il fuoco. Nel corso del bilaterale e poi del pranzo offerto da Erdogan nelle sale dell’immenso palazzo presidenziale turco, da Mosca gli emissari di Ankara inviano aggiornamenti sulla trattativa in corso.
Conte ha davanti a sé l’interlocutore che più ha pesato, con l’invio di truppe a supporto di Sarraj, nell’evoluzione della crisi. Con lui condivide “l’urgenza dello stop all’escalation” e la necessità di mettere, domenica, tutte le parti libiche al tavolo della conferenza di Berlino. Erdogan rivendica che Mosca e Ankara stanno “ponendo basi solide” per il processo di pace ma da soli, è convinto Conte, non bastano.
E mentre il presidente turco, che in conferenza stampa non si sbilancia sul ritiro delle sue truppe, si limita ad aprire a “osservatori” Onu, il premier auspica una forza d’interposizione internazionale come possibile soluzione da adottare a Berlino. E’ “prematuro”, spiega il premier, dire se “si creeranno le condizioni” perché Roma aumenti il contingente in Libia, che ora conta circa 250 militari. Così come da Bruxelles definiscono prematuro parlare dei “caschi blu” europei invocati da Di Maio.
Ma intanto Conte a Palazzo Chigi, con i ministri di Esteri e Difesa, vedrà i rappresentanti di maggioranza e opposizione proprio per parlare di Libia e del prossimo decreto sulle missioni italiane. E Luigi Di Maio prosegue i suoi contatti sulla Libia volando a Tunisi dal presidente Kais Saied. A Berlino, auspica, devono essere invitati “i Paesi limitrofi” alla Libia: Tunisia, Algeria e Marocco.
Conte dopo Ankara vola al Cairo, dove incontrerà il presidente Abdel Fattah Al Sisi, che è tra i principali sponsor di Khalifa Haftar. E, volando alto sulle “polemiche di piccolo cabotaggio” sul ruolo dell’Italia che vengono da commentatori e anche azionisti di governo come Matteo Renzi, difende l’operato di governo e diplomazia e rivendica un posto da “facilitatore della pace”: non è vero, racconta, che ha provato a far incontrare a Roma Sarraj e Haftar, sapendo che tuttora i due rifiutano di farlo.
Quanto a Erdogan, che elogia il ruolo italiano, assicura che nei colloqui non ha mostrato di voler scavalcare il ruolo dell’Onu e agire in solitaria. Sarebbe del resto “velleitario e arrogante” da parte di singoli Paesi pensare di essere decisivi.
A Berlino devono invitate tutte le parti libiche, auspica il premier, che si appella direttamente “al popolo libico”: “Roma è vostra alleata se volete una piena vita democratica perché non mira a interferenze o ingerenze”.
Ad Ankara con Erdogan c’è spazio anche per parlare di Siria (“Vogliamo che Idlib mantenga il suo stato”, dice il presidente turco), dei rapporti tra Turchia e Ue, a partire dal dossier migranti, e dei rapporti bilaterali, con l’annuncio di un incontro intergovernativo nel 2020 con l’obiettivo di portare l’interscambio commerciale da 20 a 30 miliardi di dollari.
C’è spazio anche per il calcio: Conte ed Erdogan vedranno a Roma insieme Italia-Turchia, partita inaugurale degli europei.
(dell’inviata Serenella Mattera/ANSA)