Giuristi rassicurano la maggioranza sul referendum della Lega

Roberto Calderoli (Lega) osserva i simboli esposti nella bacheca durante la consegna dei contrassegni elettorali presso il Viminale per le elezioni europee.
Roberto Calderoli osserva i simboli esposti nella bacheca durante la consegna dei contrassegni elettorali presso il Viminale per le elezioni europee, Roma 8 aprile 2019. ANSA/GIUSEPPE LAMI

ROMA. – L’indizione del referendum sul taglio dei parlamentari non favorirebbe l’ammissibilità del referendum elettorale della Lega che introduce un sistema maggioritario puro. A sostenerlo – secondo quanto l’Ansa può ricostruire – sono stati alcuni giuristi interpellati dalla maggioranza su questa tesi circolata mercoledì scorso quando sono state raggiunte le 64 firme di senatori necessarie per indire la consultazione popolare sul taglio dei parlamentari.

Il punto debole del referendum elettorale della Lega è che la legge che ne scaturisce non è immediatamente auto-applicabile, il che la renderebbe inammissibile da parte della Consulta. Il problema è stato affrontato con un riferimento, nello stesso referendum, ad una leggina (la 51 del 2019, promossa da Roberto Calderoli) che contiene una delega al governo per ridisegnare entro 60 giorni i collegi subito dopo l’entrata in vigore del taglio dei parlamentari.

Se questa riforma fosse entrata in vigore subito, il 12 gennaio senza ricorso al referendum, la delega sarebbe scattata e il referendum sarebbe rimasto privo dell’aggancio necessario all’ammissibilità, quando il 15 gennaio la Corte si pronuncerà.

Ma la richiesta di referendum fa slittare l’entrata in vigore del taglio dei parlamentari fino alla celebrazione della consultazione popolare che potrebbe tenersi anche a fine giugno, calcolando i tempi più larghi. In tal caso – era stato affermato mercoledì – al momento del pronunciamento della Corte sul referendum della Lega il 15 gennaio, la delega sarebbe stata ancora attivabile, con chance per lo stesso referendum di essere ammesso (sempre che la Corte non prenda in considerazione altri elementi problematici).

Secondo i giuristi interpellati dalla maggioranza le cose starebbero in termini diversi e più negativi per il temuto referendum maggioritario. Infatti – è il ragionamento giuridico – il 15 gennaio la Corte non è in grado di sapere se al momento della celebrazione del referendum elettorale (in una domenica tra aprile e giugno) la delega sarà ancora attiva o sarà già stata aperta, perché non si sa quando si terrà il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari: i tempi di indizione potrebbero essere assai più stretti di quelli massimi, con una semplice conseguenza: il referendum costituzionale potrebbe svolgersi ben prima di quello elettorale facendo scattare quindi la delega prima della celebrazione di questo secondo.

Infatti la Cassazione ha massimo 30 giorni per poter controllare le 64 firme dei senatori, ma potrebbe impiegare pochi giorni per una verifica così semplice; il governo ha 60 giorni di tempo per indire il referendum, ma può farlo anche in una settimana; dal momento dell’indizione devono trascorrere tra i 50 e i 70 giorni per la celebrazione.

Insomma il referendum sul taglio dei parlamentari, i cui tempi di indizione sono in mano al governo e alla maggioranza, dovrebbe svolgersi assai prima di quello elettorale, facendogli mancare la necessaria delega che lo renderebbe ammissibile.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)

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