Green deal e bilancio, l’Europa spaccata al vertice

Una riunione del Consiglio Europeo.

BRUXELLES. – “La priorità numero uno di questo vertice è la lotta ai cambiamenti climatici, spero in un accordo” sull’obiettivo delle emissioni zero entro il 2050. Nonostante i buoni auspici della prima ora, per Charles Michel il primo vertice da presidente del Consiglio europeo è stato un battesimo di fuoco, con l’Europa ancora una volta spaccata.

Ad ostacolare la strada del successo per il Green deal, appena presentato dalla leader della Commissione Ue Ursula von der Leyen e spinto con forza da Angela Merkel e Emmanuel Macron, sono stati i Paesi dell’Est, con Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca – grandi consumatori di carbone – pronti a puntare i piedi e decisi a dare il loro via libera solo in cambio di garanzie concrete sulle risorse disponibili per finanziare la transizione verso l’energia pulita.

Dal ceco Andrej Babis e dal polacco Mateusz Morawiecki, in particolare, sono piovute richieste da decine di miliardi di euro. Somme astronomiche. Cifre da capogiro, in parte già emerse alle riunioni in preparazione del summit.

Per la transizione della sola Repubblica Ceca servono “più di 40 miliardi di euro  – ha avvertito Babis – per questo dobbiamo discutere e non fare promesse senza analisi”. “Non accetterò alcuna proposta che danneggi la società polacca”, ha messo in guardia da parte sua Morawiecki.

Garanzie impossibili da ottenere quelle sulle risorse – almeno per il momento – dato che in larga parte dipenderanno dal plafond che verrà messo a disposizione dal nuovo Budget pluriennale 2021-2027, altro dossier spinoso all’attenzione dei leader al vertice. Un dossier talmente in alto mare che probabilmente necessiterà di un summit straordinario, a febbraio, per raggiungere un’intesa.

Per le risorse da dedicare al Green deal, per il momento si parla, in modo piuttosto vago, di un meccanismo che grazie a moltiplicatori finanziari dovrebbe facilitare investimenti per cento miliardi di euro, e l’impegno della Bei a sostenere mille miliardi di investimenti in totale (dato che il costo della transizione energetica è stimato in 260 miliardi l’anno).

In questo scenario anche l’Italia, convinta sostenitrice del patto verde, ha giocato la sua partita, battendosi perché alcuni dei fondi “siano utilizzati per la transizione energetica nei vari settori industriali”, come ha evidenziato Giuseppe Conte, chiarendo come “l’Ilva rientri in questa logica”.

Ma la posta in gioco per Roma è anche lo scorporo degli investimenti verdi dal Patto di stabilità, la cosiddetta Golden rule, o comunque un’ampia flessibilità per le spese green.

“L’Italia – ha evidenziato Conte – è in prima fila per la transizione energetica, abbiamo un primato sulle energie rinnovabili, e stiamo dimostrando la nostra posizione di leadership sul Green New Deal anche con molte misure nella legge di bilancio”.

Non piace al governo giallo-rosso invece la proposta sul budget avanzata dalla presidenza di turno finlandese, ritenuta poco ambiziosa, anche perché prevede tagli eccessivi alla politica di coesione. Ma su questo capitolo la battaglia è rimandata a febbraio.

(di Patrizia Antonini/ANSA)

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