Aids spaventa i giovani, ma non sanno difendersi

Il simbolo della lotta all'Aids.
Il simbolo della lotta all'Aids. (ANSA)

ROMA. – Il virus Hiv spaventa ancora i giovani, che non sono però sufficientemente informati e restano vittima di luoghi comuni. Lo indica la ricerca condotta su oltre 5.500 di età compresa fra 11 e 25 anni dall’associazione Skuola.net con il supporto non condizionato dell’azienda farmaceutica Msd Italia.

Dall’indagine è emerso che molti, dovendo associare una parola ai termini Hiv e Aids, indicano ‘malattia’, ‘virus’, ‘sesso’, ‘paura’ e ‘morte’. L’informazione dei giovani sull’Aids risulta essere superficiale e, anche quando si ha una buona conoscenza della malattia, esistono lacune che non consentono di superare luoghi comuni, stereotipi e pregiudizi ormai radicati nell’immaginario collettivo, nonostante la scienza li abbia smentiti definitivamente.

Tra questi, c’è il non accettare che il virus Hiv possa contagiare indipendentemente dallo stile vita: solo il 68% del campione è consapevole di ciò, mentre 1 su 3 associa il rischio a rapporti con molti partner, omosessualità e tossicodipendenza.

Il 46% degli intervistati crede che basti condividere con una persona sieropositiva gli stessi spazi e interessi per esporsi al contagio, ad esempio usando le stesse posate e bicchieri (14%), lo stesso asciugamano (9%) o con uno starnuto o un colpo di tosse (6%) e perfino facendo sport assieme (3%). Un ulteriore 14% ritiene che qualsiasi tipo di contatto con una persona sieropositiva possa veicolare il virus.

La preparazione sembra comunque aumentare con l’età e per i giovanissimi le prime fonti di informazione sono internet e la scuola (39%), seguite da Tv (26%) e a distanza dai medici (11%). Solo 1 giovane su 4 ritiene di essere bene informato, mentre il 32% giudica le sue conoscenze ‘appena sufficienti’ e il 28% ‘scarse’; il 17% non sa nemmeno valutarne il livello.

Rispetto alla conoscenza dell’insorgenza del virus, il 49% afferma (correttamente) che dall’infezione da Hiv non si può guarire ma che, con cure mirate, la qualità della vita può essere accettabile; 1 su 4 dimostra di non avere informazioni corrette, scegliendo opzioni estreme: il 19% pensa che si possa guarire, il 5% che si muoia in poco tempo e il 26% non sa rispondere.

C’è confusione anche sulle modalità di trasmissione, che dimostra di conoscere chiaramente solo il 28% degli intervistati. Il 39%, infine, ritiene che una persona sieropositiva non si possa riconoscere dall’aspetto fisico, mentre per il 22% presenta tracce esterne specifiche e il(27%) non sa rispondere.

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