Battaglia al campus di Hong Kong, centinaia di arresti

Studenti asserragliati nel Politecnico a Hong Kong. (Rai News)

PECHINO. – Gli scontri dei manifestanti con la polizia di Hong Kong sono andati avanti fino a tarda notte intorno ai punti d’accesso al Politecnico nel tentativo d’aprire le vie di fuga ai circa 700 studenti arroccati ancora nel campus e costretti a passare la seconda notte di fila da assediati.

Un’altra giornata di caos s’è chiusa con lo spettro del blitz delle forze dell’ordine dopo quello tentato senza successo all’alba di lunedì: tutto lascia pensare che si tratti solo di una questione di tempo visto lo spiegamento di mezzi pesanti, blindati e cannoni ad acqua.

La polizia ha lanciato l’ultimatum nel pomeriggio, dopo la rottura della tregua raggiunta in mattinata con il rettore dell’ateneo Teng Jin-Guang, per la resa incondizionata degli studenti, invitati ad ‘arrendersi’, a deporre le armi e a uscire in modo ordinato. Tutti, ha scandito un portavoce, saranno arrestati perché “sospettati di rivolta”.

Il segretario alla Sicurezza dell’ex colonia britannica John Lee ha inviato all’interno del campus un team medico della Croce Rossa per soccorrere i feriti, mentre assistenti sociali e psicologi sono intervenuti per convincere i minori a mollare.

Sono diverse decine, infatti, gli studenti delle superiori rimasti al PolyU e nel pomeriggio, si sono viste le scene di genitori in lacrime che hanno chiesto invano agli agenti di poter entrare e verificare le condizioni dei figli.

Secondo le ultime cifre circolate nella notte, la polizia avrebbe eseguito oggi oltre 400 arresti, di cui molti fuori dall’Hotel Icon su Science Museum Road, vicino al PolyU.

La situazione generale sembra sempre più fuori controllo: l’Alta Corte di Hong Kong ha dichiarato l’incostituzionalità del divieto dell’uso delle maschere nelle manifestazioni voluto a ottobre dalla governatrice Carrie Lam facendo leva sulla legislazione di emergenza, ma causando aspre polemiche.

La sentenza ha fissato la sua “incompatibilità con la Basic Law”, la Costituzione locale, in risposta al ricorso promosso da 24 parlamentari pan-democratici.

Il segretario per gli Affari costituzionali Patrick Nip ha ventilato l’ipotesi di rinviare le elezioni locali distrettuali del 24 novembre: “La situazione dello scorso weekend ha ridotto ovviamente le chance di poterle tenere come previsto e di questo sono molto preoccupato”.

Gli Usa hanno condannato “l’uso della forza ingiustificato e hanno invitato le parti ad astenersi dalla violenza” a favore di un dialogo costruttivo, secondo una fonte dell’amministrazione Trump.

Mentre il governo britannico ha ribadito la sua grave preoccupazione per “l’escalation delle violenze” da parte dei manifestanti e della polizia, secondo il Foreign Office. E un invito alle parti alla moderazione, senza “l’inaccettabile violenza e l’uso della forza”, è arrivato anche dall’Unione Europea.

Quanto alla posizione di Pechino, un commento sul Quotidiano del Popolo, la ‘voce’ del Partito comunista cinese, ha rilevato che il futuro di Hong Kong è al suo punto critico e non c’è “alcun margine” per compromessi nella “lotta” ai manifestanti anti-governativi.

E nessuno, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang, dove “sottovalutare la determinazione della Cina nella difesa della sua sovranità e della stabilità di Hong Kong”.

Perché la protesta a Hong Kong non ha ormai “nulla a che fare con la cosiddetta democrazia, ma mira a minare il modello ‘un Paese, due sistemi'”, ha tuonato da Londra l’ambasciatore cinese Liu Xiaoming, ammonendo che Pechino “non resterà con le mani in mano se lo scenario diventerà incontrollabile. Abbiamo sufficiente determinazione e potere per mettere fine ai disordini”, ha rincarato Liu, tornando a denunciare “i commenti irresponsabili” del governo britannico, sollecitato a “non interferire negli affari interni” della Cina.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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