Pd e M5s puntellano il governo. Renzi: “Mi daranno ragione”

Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri e Dario Franceschini, Ministro della Cultura durante la discussione sulla fiducia al nuovo governo nell'aula del Senato.
Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri e Dario Franceschini, Ministro della Cultura durante la discussione sulla fiducia al nuovo governo nell'aula del Senato, Roma 10 settembre 2019. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA. – Giuseppe Conte ha sposato la linea del silenzio per evitare di destabilizzare ancor più la maggioranza. Ma sembra consolidarsi l’asse Pd-M5S per puntellare un esecutivo traballante in vista del percorso parlamentare della manovra: le due forze hanno deciso di ribattere colpo su colpo agli attacchi di Matteo Renzi.

Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio hanno difeso l’impianto della legge e il leader dem è tornato ad avvertire: o si ragiona su eventuali modifiche in termini unitari o non ha senso andare avanti. Ma l’ex premier è convinto che alla fine “in Parlamento ci daranno ragione” a meno che non si voglia la disfatta in Emilia-Romagna dopo l’Umbria: “Che cosa vogliono scattare, una bella foto di Carpi?”, punge l’ex premier.

I toni nella maggioranza restano molto ruvidi, più da avversari che da alleati. Matteo Renzi torna sul ruolo del premier Giuseppe Conte e, pur garantendo di “non essere contro qualcuno”, non sembra fare marcia indietro. “A chi volete che importi del destino personale di Giuseppe Conte o anche del mio. Chi se ne frega di Conte”, afferma l’ex premier.

Il presidente del consiglio, dopo essersi morso la lingua ieri, sceglie di non ribattere anche se non sono smentiti alcuni retroscena di giornali in cui si bolla l’atteggiamento del capo di Italia Viva come infantilismo politico mirate ad aumentare il suo potere contrattuale dentro il governo.

D’altra parte ieri come oggi in difesa dell’esecutivo e del premier si schierano i pezzi da 90 di Pd e M5s. E anche il ministro Roberto Gualtieri non resta silente davanti alle accuse ad una manovra che nella rappresentazione di Iv è fatta più di tasse che di risultati. “Sarebbe meglio evitare di fare opposizione al posto di Salvini”, osserva il ministro dell’Economia che ricorda la collegialità delle scelte sulla manovra in consiglio dei ministri.

“Isolare” Italia Viva e riportarla alla ragione sembra il mood di Pd e M5s, convinti che sulla manovra si gioca la prova del nove sulla tenuta del governo. Ma Renzi sembra stupito di come non si capisca che tasse come la plastic tax o quelle sulle auto aziendali facciano il gioco di Matteo Salvini e del centro-destra. E prepara sé stesso e i suoi alla battaglia parlamentare a colpi di emendamenti.

Il rischio è che, essendo corta la coperta, per togliere le microtasse si vada a colpire i provvedimenti-bandiera degli alleati. Incrinando il piano del governo già molto instabile. Ed infatti al responsabile economico Iv Luigi Marattin che propone di far slittare il taglio del cuneo fiscale da luglio ad ottobre ribatte a brutto muso il Pd: “Come un moscone che sbatte contro il vetro anche oggi i rappresentanti di Italia Viva, a partire da Renzi, continuano nel loro incontenibile populismo fiscale che colpisce il taglio delle tasse ai lavoratori dipendenti”, attaccano dal Nazareno.

(di Cristina Ferrulli/ANSA)

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