Crisi con Israele, Giordania richiama l’ambasciatore

Attivisti israeliani protestano in solidarietá con la giordana Heba al-Labadi (del ritratto)), chi si mantiene in sicopero della fame nella prigione in Israele. (AFP/AHMAD GHARABLI )

TEL AVIV. – A 25 anni dal trattato di pace, Israele e Giordania sono alle prese con una vera e propia crisi diplomatica. Amman ha richiamato il proprio ambasciatore Ghassan al-Majali in segno di protesta contro la detenzione “inumana e illegale” nello Stato ebraico di due cittadini giordani, Heba Labadi e Abdulrahman Miri.

“Un primo passo”, ha minacciato il ministro degli Esteri hashemita Ayman Safadi, perché la Giordania ritiene “Israele pienamente responsabile delle vite dei nostri cittadini”.

Poche ore dopo lo stesso ministero ha annunciato l’arresto di un cittadino israeliano “entrato clandestinamente nel territorio” del Regno nella Valle del Giordano. Una mossa súbito messa in relazione con la detenzione dei due giordani in Israele.

Ma fonti del ministero degli Esteri israeliano hanno chiarito che l’uomo arrestato stava cercando di scappare all’estero in quanto ricercato in patria per crimini connessi al mondo della droga.

La contrapposizione tra Israele e Amman resta comunque alta per i due giordani detenuti. Heba Labadi – 32 anni, di origine palestinese – è agli arresti amministrativi (detenzione senza formali accuse) in Israele dallo scorso 20 agosto, quando fu fermata al valico di frontiera di Allenby mentre si stava recando in Cisgiordania.

Lo scorso ottobre lo Shin Bet (sicurezza interna di Israele) ha detto che la ragazza è trattenuta perché “sospettata di essere coinvolta in gravi violazioni della sicurezza”, senza precisare quali. I media hanno invece riferito che Labadi, secondo il suo avvocato, è sospettata di “incontri con persone identificate” con gli Hezbollah in viaggi compiuti a Beirut l’anno scorso e quest’anno per far visita alla sorella.

La giovane, che oggi è stata visitata in carcere dal vice ambasciatore giordano in Israele, ha respinto ogni accusa e da 36 giorni è in sciopero della fame nel carcere di Haifa. Secondo il Club dei prigionieri – organizzazione palestinese che si occupa dei detenuti – la sua salute si è deteriorata al punto da essere stata ricoverata più volte in ospedale.

Anche per l’altro detenuto, Abdulrahman Miri, fermato lo scorso settembre sempre al valico di Allenby, la Giordania ha denunciato condizioni di salute precarie.

Ma la tensione tra Israele e il regno hashemita non si ferma qui. Proprio in virtù del Trattato di pace, è arrivato a scadenza in questi giorni l’affitto, di 25 anni, da parte di Israele di due zone agricole di confine: una nella Valle del Giordano e l’altra nel deserto dell’Aravà, nel sud della regione.

Gli agricoltori israeliani del luogo si sono più volti opposti alla scadenza dell’affitto chiedendo che le zone restino ad Israele ma la Giordania, forte delle clausole del Trattato, non intende recedere.

(di Massimo Lomonaco/ANSAmed)

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