Riesplode la protesta a Baghdad, 21 morti in Iraq

Manifestanti protestano a Baghdad. (AgenSIR)

BEIRUT. – Da Beirut a Baghdad, da Bassora a Tripoli, centinaia di migliaia di persone in Libano e in Iraq si sono oggi unite idealmente in massicce proteste popolari contro sistemi politici accusati di essere clientelari, repressivi, corrotti e fondati sulle divisioni religiose e comunitarie.

In Iraq, dove le proteste e la conseguente repressione erano già andate in scena ai primi di ottobre con l’uccisione di 150 manifestanti in una settimana, migliaia di giovani sono tornati in strada a Baghdad e in altre città del sud del paese, dominato dai partiti milizia filo-iraniani. Secondo bilanci non verificabili in maniera indipendente, la repressione della polizia e quella delle milizie locali ha causato l’uccisione di almeno 21 persone.

Altre fonti parlano di 8 uccisi con oltre cento feriti. Numerosi manifestanti sono stati raggiunti al capo e al petto da proiettili di gomma e bombole di gas lacrimogeni sparati a distanza ravvicinata.

Il premier Adel Abdel Mahdi, che celebra oggi il primo anniversario del suo mandato, ha promesso riforme politiche ed economiche. Ma la piazza non sembra avere fiducia in queste promesse. Il centro di Baghdad è stato teatro di manifestazioni con il tentativo vano dei dimostranti di raggiungere e insediarsi nella simbolica piazza Tahrir.

Il Grand Ayatollah Ali Sistani, che tre settimane fa aveva espresso sostegno alle proteste, stamani ha invitato i manifestanti e polizia a mantenere la calma e la non violenza.

Nel sud sciita la rabbia della popolazione ha preso di mira, come già successo ai primi di ottobre, le sedi dei partiti-milizia filo-iraniani. Alcune sedi sono state date alle fiamme. Altre sono state difese da miliziani che non hanno esitato a sparare sulla folla. Cinque civili sono stati uccisi ad Amara, e altri cinque sono morti a Nassiriya.

In Libano, invece, le proteste durano da otto giorni e il paese è di fatto paralizzato – con scuole e banche chiuse da unasettimana – da una disobbedienza civile che si è tradotta finora nella chiusura di numerose arterie di comunicazione. Centinaia di migliaia di persone sono da giorni mobilitate contro “tutto il sistema politico” e chiedono a gran voce le dimissioni del governo, di cui fanno parte gli Hezbollah filo-iraniani.

Il leader del partito armato libanese, Hasan Nasrallah, ha indicato le linee rosse che le proteste non devono superare: bisogna riaprire le strade e non si può pensare che il governo si dimetta. Nasrallah ha poi accusato la mobilitazione di essere finanziata dall’estero, gridando al complotto americano, israeliano e dei paesi del Golfo.

Poco prima del suo discorso tv, un manipolo di esponenti di Hezbollah si erano infiltrati nella piazza Riad Solh di Beirut, teatro delle proteste anti-governative, bastonando i manifestanti, colpevoli secondo Hezbollah di aver “offeso” il loro leader.

Nasrallah – che è apparso senza la consueta bandiera del partito al suo fianco, mostrando invece solo quella del Libano – ha potuto fácilmente evocare lo spettro del “caos”, del “crollo” del paese e della “guerra civile”.

E in serata si sono registrate tensioni tra sostenitori di Hezbollah e manifestanti a Beirut, nella valle orientale della Bekaa, nel sud a Tiro e Sidone, tutte roccaforti del partito dove per la prima volta da giorni si sono svolte proteste pacifiche anti-sistema.

(di Lorenzo Trombetta/ANSAmed)

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