“L’intervento militare turco farà tornare l’Isis”

Un carro armato turco entra nella provincia di Idlib nel nord della Siria in agosto scorso, nell'ambito di una operazione militare contro i curdi. (Rojava Asadi)

BEIRUT. – L’intervento militare turco nella Siria nord-orientale, controllata dalle forze curde, favorirà il riemergere dell’Isis e alimenterà il caos non solo nel martoriato paese arabo ma in tutto il Medio Oriente.

Le autorità politiche curdo-siriane, espressione dell’ala locale del Pkk anti-turco, reagiscono così alla concreta minaccia di una operazione di terra dell’esercito di Ankara nella zona frontaliera siriana a est dell’Eufrate.

“L’invasione turca nella Siria nord-orientale creerà nuovo caos”, ha detto Amjed Osman, portavoce del Consiglio democrático curdo, massima carica istituzionale politica nella regione semi-autonoma siriana.

Per Osman, “l’Isis approfitterà di questa situazione e tornerà a essere una minaccia per il mondo intero”.

Le forze curdo-siriane sono state sostenute dalla Coalizione anti-Isis a guida Usa proprio in funzione della “lotta al terrorismo” contro l’insurrezione jihadista verificatasi dal 2014 tra Iraq e Siria.

L’Isis era stato dichiarato formalmente sconfitto in Siria nel marzo scorso dopo circa tre anni di duri scontri armati tra forze curde, appoggiate dall’aviazione della Coalizione, e i miliziani jihadisti.

Questi sono comunque ancora presenti nella Siria orientale e lungo la valle dell’Eufrate, costituendo una minaccia continua per le stesse forze curde e per quelle governative siriane, attestate nella parte occidentale del paese.

In un’intervista rilasciata all’ANSA, il portavoce curdo ha comunque assicurato che le forze curdo-siriane “resisteranno con ogni mezzo”. “Siamo qui con la nostra gente e il nostro esercito, soprattutto con la nostra volontà politica. Siamo pronti a resistere. Non aspetteremo certo che i turchi arrivino qui. Resisteremo!”.

Un punto cruciale della questione è la sorte di migliaia di miliziani dell’Isis e dei loro familiari, inclusi donne e bambini, fatti prigionieri in questi anni dalle forze curde e da quelle americane. Questi detenuti si trovano sparsi tra le carceri della Siria nord-orientale e i campi profughi tra Eufrate e Iraq. Sono tutte strutture gestite dalle autorità curde locali.

In caso di un intervento militare turco nell’area, sarà il governo di Ankara a essere responsabile della sorte di questi miliziani, molti dei quali stranieri e originari di paesi europei e occidentali. “Abbiamo più volte invitato i paesi stranieri ad assumersi la responsabilità per i loro connazionali membri dell’Isis, ma non abbiamo ricevuto risposte”, ha detto Osman.

“I prigionieri ora detenuti nelle carceri delle forze curde diventeranno una minaccia per l’intera regione”, ha aggiunto.

(di Lorenzo Trombetta/ANSAmed)

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