Mattarella in Danimarca, poi va negli Usa da Trump

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell'intervento all'inaugurazione dell'anno scolastico 2019/2020, L'Aquila,
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell'intervento all'inaugurazione dell'anno scolastico 2019/2020, L'Aquila, 16 settembre 2019. (Giandotti/Ufficio Stampa Quirinale)

ROMA. – Dazi, Russiagate, la formazione della nuova Commissione, integrazione dell’Unione europea e necessità di concedere spazio a politiche di crescita per fronteggiare una recessione da mesi annunciata. Con la formazione del nuovo governo riparte la politica estera e si ricuciono i tradizionali legami dell’Italia con l’Unione e gli Stati Uniti.

E Sergio Mattarella – dopo i 14 ondivaghi mesi del governo giallo-verde – sarà uno dei protagonisti del riorientamento internazionale dell’Italia, sia in chiave europeista che nell’ancoraggio transatlantico. Il presidente della Repubblica si appresta infatti ad una serie di missioni all’estero che si concluderanno con un importante colloquio alla Casa Bianca il prossimo 16 ottobre.

Un faccia a faccia con Donald Trump che cade in un momento caldissimo per l’amministrazione americana alle prese con lo scandalo della telefonata di Trump al presidente ucraino per far indagare i Biden. E che sta avendo pesanti ripercussioni anche in Italia dove il premier Giuseppe Conte è atteso al Copasir per informarlo di due inusuali e segretissimi viaggi in Italia dell’attorney general (ministro della Giustizia) William Barr per avere informazioni dai vertici dei servizi segreti italiani.

Ce n’è abbastanza per rendere interessante la visita di Mattarella negli Stati Uniti che, pur programmata da tempi non sospetti, si troverà ad impattare con un’opinione pubblica affamata di notizie ed una stampa particolarmente aggressiva. Dando per scontato che il capo dello Stato non è responsabile dell’azione di governo e che quindi non risponderà ad eventuali domande sul Russiagate, rimane tutto in piedi il nodo dei dazi americani che coinvolgono settori importanti dell’export italiano, a partire da quello del parmigiano.

In ambienti governativi si ragiona pragmaticamente su una decisione attesa come quella del Wto, consapevoli del fatto che le misure si annunciano per l’Italia meno gravi di quanto temuto alla vigilia. Basti pensare che il settore del vino italiano non dovrebbe essere toccato mentre quello francese (nostro principale concorrente) sì.

Il presidente Mattarella si spenderà con tutta probabilità nella difesa del multilateralismo e del mercato aperto, come peraltro ha già fatto nei passati mesi con estrema chiarezza, con una probabile riflessione sui limiti etici e strutturali del sovranismo.

Intanto il capo dello Stato volerà a Copenhagen per una missione di taglio prettamente continentale. Infatti, al di là dei rapporti transatlantici, grande è l’attenzione istituzionale alle dinamiche europee che necessitavano di una registrata dopo le frizioni nei 14 mesi del governo giallo-verde.

La Danimarca ne è una prova importante: è un Paese che non ha l’euro ma è legato ad esso da un accordo di scambio, inoltre ha appena incassato la conferma di Margrethe Vestager come commissario alla Concorrenza. La Danimarca pur avendo confermato il suo europeismo di fondo alle ultime elezioni, è però una delle nazioni di quella nuova Lega anseatica che chiede rigore nei conti pubblici.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)

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