Roma sfida Madrid, è qui il ristorante più antico del mondo

La Campana, Paolo Trancassini.
La Campana, Paolo Trancassini. (ANSA)

ROMA. – Roma eterna anche a tavola. Il ristorante “La Campana” festeggia i primi 500 anni di attività all’insegna della cucina di tradizione e, forte di una documentazione che ne attesta l’esercizio di osteria dal 1518 grazie a una ricerca della storica Manuela Maggi, apre una sfida a Madrid per il guinness dei primati quale “ristorante più antico del mondo”, titolo finora detenuto dal Sobrino de Botin, fondato nel 1725.

A un passo dal Tevere e dal porto di Ripetta cinque secoli di vignarola, carciofi alla giudìa, e trippa. Piatti tipici fatti conoscere a viaggiatori di tutto il mondo, a partire da Johann Wolfgang von Goethe che racconta questa esperienza gastronomica nel libro “Ricordi di viaggio in Italia”.

Gli arredi oggi forse non hanno il fascino dell’illustre indirizzo concittadino, l’Antico Caffè Greco, ma l’azienda, tuttora a conduzione familiare, è solida e dimostra di superare bene la prova del tempo. Con un libro, la cui copertina è illustrata dal un habitué del calibro del maestro Luigi Ontani, e con una estemporanea prosa in ottava rima, come usano comporre Benigni e Guccini nelle osterie storiche, i titolari Paolo e Marina Trancassini hanno voluto condividere questo traguardo plurisecolare, dando voce ai clienti.

“Oggi a stupire in cucina è la semplicità e le radici solide. Vogliamo così zittire la globalizzazione, – ha detto Paolo Trancassini – riaffermando l’importanza dei prodotti ‘Made in Italy’ e dell’autentica cucina italiana, in particolar mondo, quella della Capitale. Una Roma caput mundi”.

Dietro questa insegna, una famiglia leonessana che, partendo da zero, ha scelto il lavoro artigianale e il sacrificio come arma di riscatto creando una realtà che ha saputo conquistare buongustai, star, i reali di Spagna e di Belgio, e l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che scelse ‘La Campana’ per la sua prima cena pubblica al termine del suo mandato.

“Qui un servizio di gastronomia diventa servizio culturale” ha detto Duccio Trombadori ricordando i tavoli riservati a pranzo ad Elsa Morante, la domenica a Italo Calvino, e poi Guttuso, Moravia. “Tra queste mura – ha aggiunto – c’è l’orgoglio borghese di trovare sempre le stesse cose, di camminare su sentieri già percorsi laddove si trova una pietanza che non delude”.

“Non cederemo alle tentazioni del piatto del momento, qui mai serviremo sushi” ha giurato Trancassini che tra le chiavi del successo indica la familiarità dell’accoglienza, “qui la differenza la fanno spesso i camerieri” ha detto, le belle porzioni di pasta e non piatti vuoti con meri assaggi di pietanze.

“Con la clientela – ha sottolineato – c’è un rapporto personale, di fiducia. C’è chi mangia solo a un determinato tavolo, e quando ho spostato un quadro ha voluto lo rimettessi nella vecchia sede perché quell’immagine è sempre stata su quella parete. E la Campana è sempre stata qui, ci siamo dichiarati ‘un vero ristorante di Roma’ e mantenendo la cultura del quinto quarto non daremo ascolto alle sirene della modernità”.

(di Alessandra Moneti/ANSA)

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