Ondata di arresti, tensione alle stelle a Hong Kong

Arresti in Cina
Joshua Wong y Agnes Chow, due dei leader del fronte pro-democrazia cinese arrestati.(urgente24.com)

PECHINO.- Le avvisaglie della stretta sugli attivisti sono arrivate in mattinata, quando a Hong Kong si èdiffusa la notizia dell’arresto di Joshua Wong (ex leader del movimento degli ombrelli del 2014) e Agnes Chow, due figure di primissimo piano del fronte pro-democrazia.

I successivi aggiornamenti hanno fatto capire che la polizia ha effettuato una retata, alla vigilia di un altro weekend, il 13esimo di fila, che si preannuncia ad altissimo rischio malgrado il divieto delle forze dell’ordine al corteo che il Civil Human Rights Front, il gruppo delle mobilitazioni di massa, puntava a tenere domani.

Gli arresti sono stati eseguiti nei confronti di Andy Chan, ex leader di un gruppo pro-indipendenza (Hong Kong National Party) e che è ora al bando, fermato giovedì all’aeroporto prima dell’imbarco; del consigliere distrettuale Sha Tin Rick Hui; dell’ex presidente del sindacato studentesco dell’Università di Hong Kong, Althea Suen; del deputato del Civic Passion party, Cheng Chung-tai, sospettato di “cospirazione per danni perseguibili penalmente” nell’assalto al Consiglio legislativo dell’1 luglio.

Infine, in tarda serata, è stata la volta di ulteriori due deputati pro-democrazia, ha riferito il Civic Party: sono Au Nok-hin e Jeremy Tam, sospettati di ostruzione alle attività della polizia. Per Au in particolare pende l’accusa di aver assalito un agente, secondo i media locali.

L’azione a tappeto, ma soprattutto la stretta contro Wong, Chow e Chan, è stata salutata a Pechino con entusiasmo dal Global Times, il tabloid nazionalista del Quotidiano del Popolo (la voce del Pcc), che ha parlato di arresto “delle colonne portanti dei giovani attivisti”.

Il successivo rilascio su cauzione di “due secessionisti” (Wong e Chow) fa aumentare “i timori di rivolta”, dato che domani ricorre il quinto anniversario della Decisione 831 del Congresso nazionale del Popolo che il 31 agosto del 2014 adottò il modello di selezione dei candidati alla carica di governatore dell’ex colonia, con il controllo di Pechino, mentre i manifestanti chiedevano sia nel 2014 sia adesso il suffragio universale per la scelta dei parlamentari e del governatore.

Quello che ha creato incertezza, confermata nelle discussioni tra i netizen, è la motivazione alla base di questa improvvisa azione della polizia. Claudia Mo, esponente di spicco del campo pan-democratico del parlamentino locale, ha cercato di dare una spiegazione, osservando di non ritenere casuale che gli arresti siano avvenuti alla vigilia del divieto di una manifestazione e di una marcia.

“L’amministrazione della governatrice Carrie Lam sta intensificando gli sforzi per spaventare, sperando che meno persone osino scendere in piazza”, ha argomentato. “Ma sapeva anche che sarebbe controproducente e che il divieto avrebbe avuto l’effetto opposto, non di spegnere il fuoco ma di aggiungere altra benzina”.

In altri termini, c’è da riflettere se “non sia stata preparata una trappola per incitare al caos”.

Come deterrenza “al disordine” ci sono da ieri gli 8-10.000 militari di Pechino che hanno completato la rotazione alla guarnigione dell’ex colonia, dotati di armi e mezzi, quando a Pechino l’irritazione per “la rivolta” di Hong Kong è massima, a maggior ragione in vista dei festeggiamenti dell’1 ottobre dedicati ai 70 anni della fondazione della Repubblica popolare.

Sui social media c’è incertezza su cosa fare domani: diversi blogger hanno chiamato comunque alla mobilitazione, mentre gli studenti delle superiori e universitari affilano le armi per un blocco all’avvio dell’anno scolastico della prossima settimana.

Tutte premesse per un weekend ad alta tensione, sempre a causa della legge sulle estradizioni in Cina. Secondo le ultime ricostruzioni di stampa, la Lam l’avrebbe voluta ritirare per placare le proteste, scontrandosi però con il no granitico del Partito comunista ciñese.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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