Hong Kong sciopera e la leader avverte: “Fase pericolosa”

Manifestanti ad Hong Kong
Manifestanti allo sciopero ad Hong Kong. (Ci siamo)

ROMA- In una Hong Kong paralizzata dallo sciopero generale del movimento pro-democrazia, gli scontri tra manifestanti e polizia hanno segnato una ennesima giornata nera per l’ex colonia britannica che la governatrice filo ciñese Carrie Lam ha definito “sull’orlo di una situazione molto pericolosa”.

Lacrimogeni e proiettili di gomma sono stati sparati contro i manifestanti che hanno eretto barricate e lanciato oggetti di ogni genere – compresi mattoni – contro gli agenti. Decine di arresti, treni e metro bloccati, negozi serrati, almeno 200 voli cancellati, strade impercorribili, stazioni di polizia attaccate e chiuse hanno trasformato il paradiso dello shopping e della finanza internazionale in un inferno di caos occupato da decine di migliaia di persone.

Il bilancio della quinta giornata consecutiva di proteste, giunte alla nona settimana, è di quelli che né Pechino né l’amministrazione locale avrebbero mai voluto dare. Secondo la polizia, ci sono stati 82 arresti che portano a 500 il numero totale dall’inizio delle manifestazioni e sono stati sparati almeno 1.000 lacrimogeni e 160 proiettili di gomma.

E’ la più grave crisi politica dal ritorno di Hong Kong alla Cina nel 1997, ma la leader Carrie Lam ha ribadito che non ha alcuna intenzione di dimettersi. “Non penso – ha detto in una conferenza stampa – che a questo punto le mie dimissioni o quelle di alcuni dei miei colleghi sarebbero una soluzione migliore”.

E, a più riprese, ha ribadito che il suo obiettivo è di restaurare la legge e l’ordine. Come? Almeno per ora senza l’intervento militare cinese che, nonostante le ripetute speculazioni alimentate dalla diffusione da parte dell’Esercito popolare di Liberazione di un video che mostra la repressione di movimenti di piazza, non sembra all’ordine del giorno.

La polizia è pienamente sostenuta dal governo e non ci sarà bisogno del dispiegamento di contingenti militari cinesi per riportare la calma, ha sottolineato il capo delle pubbliche relazioni della polizia, Kong Wing-cheung.

Pechino ha condannato duramente le violenze. E l’oltraggio alla bandiera cinese, strappata dall’asta e gettata nella baia da un manifestante, ha fortemente irritato Xi Jinping e i suoi che hanno anche accusato indefinite “forze straniere” di fomentare i disordini.

Ma le controindicazioni di un intervento militare sono molte. A partire dal pericolo di una fuga di capitali e di aziende straniere. Le Borse asiatiche, innervosite dalle proteste a Hong Kong oltre che dall’inasprimento delle trattative sul comercio internazionale tra Cina e Usa, hanno iniziato la settimana in profondo rosso.

E Pechino, che prepara per il prossimo primo ottobre le sontuose celebrazioni del 70/mo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare, intende dare al mondo l’immagine di un Paese saldamente monolitico.

Anche il “sacrificio” di Carrie Lam sarebbe una dimostrazione di debolezza. L’ipotesi forse più realistica è che Pechino aspetti che il movimento perda progressivamente la spinta e si esaurisca senza ottenere nessuna delle riforme democratiche che chiede. Come avvenne alla ‘Rivoluzione degli ombrelli’ nel 2014.

(di Eloisa Gallinaro/ANSA)

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