MOSCA.- Tragedia trattato INF, atto finale. Ora, dopo mesi di sospensiva e speranze mai sopite su un possibile colpo di scena dell’ultimo minuto, l’accordo tra Usa e Russia che bandì gli euromissili nucleari, chiudendo di fatto la Guerra Fredda, è infatti consegnato alla storia.
Un altro pezzo della stagione del disgelo che se ne va – tra accuse reciproche e un certo amaro in bocca. “Ora si rischia il caos”, ha commentato Mikhail Gorbaciov, che l’INF lo ha firmato oltre 30 anni fa posando davanti agli obiettivi al fianco di Ronald Regan. Un’altra epoca, appunto.
Ma come si è arrivati fin qui? Gli Stati Uniti (spalleggiati dagli alleati) puntano il dito contro la Russia, colpevole di aver modificato il missile da crociera Kalibr – in dotazione alla Marina e dunque escluso dal trattato – creando una versione terrestre con una gittata superiore ai 500 chilometri. E questa sarebbe invece una violazione bella e buona dell’INF.
Mosca non ha mai accettato questa interpretazione e anzi ha ribaltato sull’avversario la responsabilità di aver messo in crisi l’accordo, piazzando nell’est dell’Europa il tanto contestato scudo missilistico, che oltre a indebolire la stabilità strategica (che l’obiettivo sia difendere gli alleati dall’Iran i russi la considerano una favola) mette a rischio la sicurezza nazionale russa poiché – questa la tesi del Cremlino – i suoi lanciatori possono essere rapidamente modificati e diventare uno strumento offensivo. Dunque una violazione del trattato sui missili a gittata breve e media.
Accuse incrociate. Ed è così anche nel giorno in cui cala il sipario, epilogo fin troppo simile al prologo. “La Russia è l’unica responsabile per la fine del trattato: la Nato risponderà in modo misurato”, ha tuonato il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Il ministero degli Esteri russo, dal canto suo, risponde a tono: “Washington ha commesso un grave errore: lanciando una campagna di propaganda, vera e proprio disinformazione sulle presunte nostre violazioni, gli Stati Uniti hanno deliberatamente creato una crisi quasi insormontabile attorno al trattato stesso. Il motivo è chiaro: gli Usa volevano sbarazzarsi delle restrizioni previste”.
La sintesi del russo-pensiero la fa il vice capo del dicastero, Serghei Ryabkov, definendo l’America come “incapace di trovare un compromesso” e accecata dalla volontà di affermare il suo “predominio” globale. Paroloni, altre accuse. La diatriba sulle cause lascia però subito lo spazio ai sintomi, ai timori per un futuro (quasi presente) più incerto e rischioso: il bottone nucleare in mano a chi non ha mai vissuto in tempi di guerra.
La Commissione Ue chiede allora di evitare “una nuova corsa agli armamenti” e a “preservare i risultati del trattato INF”. A fare del volontariato, insomma. La Russia in questo senso rassicura e dice di essersi auto-imposta “una moratoria” sul dislocamento dei vettori, a patto che lo facciano “anche gli americani” e che “non ne sviluppino” di nuovi.
Reggerà il patto fra gentiluomini? Difficile a dirsi. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, giudica che “aumenterà la minaccia posta dai missili balistici” e che si sia perso, comunque vadano le cose, “un inestimabile freno alla guerra nucleare”. Ora l’attenzione si sposta sulle trattative che dovrebbero portare al rinnovo del New START, l’accordo sulla riduzione delle testate nucleari strategiche.
La Russia si è detta pronta a prolungarlo. Ma anche qui ci sono dei problemi e, se non verrà rinnovato, nel 2021 le due superpotenze atomiche saranno prive d’intese sull’antiproliferazione. Ovvero un salto indietro ai primissimi anni Settanta.
(di Mattia Bernardo Bagnoli)