I paletti di Tria, flat tax graduale e in rispetto dei conti

Giovanni Tria, a destra, parla con il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire.
Giovanni Tria, a destra, parla con il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire. (ANSA/AP Photo/Francisco Seco)

ROMA. – La riforma del fisco si farà, ma gradualmente e con il primo obiettivo di semplificare il sistema. Anche se non c’è ancora un “disegno definito” e soprattutto condiviso all’interno dell’esecutivo gialloverde, il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha tratteggiato le linee guida dell’intervento allo studio del governo alle parti sociali. Frenando, indirettamente, le richieste leghiste di uno choc fiscale perché ogni azione, ha sottolineato, sarà fatta nel rispetto dei vincoli di bilancio, sfruttando gli spazi disponibili senza strafare.

Proprio il timore che anima invece l’ultimo report di S&P che vede per l’Italia un ‘rischio Grecia’ se si dovessero perseguire “soluzioni non ortodosse” come una manovra senza coperture. Il calo delle tasse, insomma, è una priorità per tutto il governo anche se le ricette dentro la maggioranza restano al momento distanti.

Per la Lega ridurre in modo incisivo l’imposizione fiscale è diventato il prerequisito per continuare l’avventura insieme al M5S, come ha ribadito Matteo Salvini, che ha messo nel mirino proprio il titolare di via XX Settembre: “L’Italia ha bisogno di uno choc forte” ma “se il ministro dell’Economia del mio governo dice che di taglio delle tasse non se ne parla, o il problema sono io o è lui”.

Tria in realtà non ha mai detto ‘no’ alla riforma fiscale, anche se non ha ancora mai detto un sì esplicito al modello di flat tax immaginato a via Bellerio. “Ci sono vari disegni”, ha ripetuto anche al tavolo con sindacati e industriali, e al Tesoro si stanno facendo valutazioni sulla fattibilità delle varie proposte e anche stime dei costi. Il ministro non ha mai fatto mistero di prediligere una riduzione delle aliquote, progetto abbracciato anche dal M5S, mentre la Lega continua a spingere per il 15% sui redditi fino a 50-60mila euro.

La platea, ha confermato comunque Tria, è quella del “ceto medio” ma la riflessione al momento è su diverse ipotesi, compresa quella di agire sulla no tax area e anche di intervenire per rivedere, e semplificare, l’attuale “intreccio e stratificazione di detrazioni e deduzioni”. La riforma, ha spiegato Tria, deve essere valutata secondo i criteri “di efficienza, impatto sulla crescita e anche una forma di equità fiscale”. E, soprattutto, deve essere “semplice”, in modo da potere essere facilmente implementata via via che si trovano le risorse. Non si può fare tutto subito, è il messaggio, ma la riforma va attuata “progressivamente, secondo gli spazi fiscali che si creano”.

Ma è proprio la tentazione di una fuga in avanti delle forze che sostengono il governo a preoccupare S&P. L’agenzia di rating, che si pronuncerà in autunno (il 25 ottobre), lancia intanto il suo avvertimento. L’Italia è l’unico paese dell’Eurozona, al momento, con outlook negativo perché storicamente cresce poco – dal 2010 in termini reali solo lo 0,6% contro il 10,6% dell’intera area euro – e mostra una “incapacità dei policymaker di affrontare” questa debolezza cronica.

E l’alto debito, vista l’impossibilità di utilizzare la leva della svalutazione per un solo Paese nell’area della moneta unica, si può ridurre solo con una ripresa robusta dell’economia. Già dopo aver vinto le elezioni, si legge nel report di S&P, la coalizione gialloverde ha “velocemente congelato le modeste iniziative di riforma”. In più ha “iniziato a contrastare l’Unione europea”, come peraltro Salvini promette di fare anche in vista della prossima manovra.

Ma questo genere di controversie hanno effetti a catena anche sul settore privato, come ha dimostrato di recente proprio il caso Grecia. Una economia, osserva l’agenzia di rating, “molto più piccola”, mentre in questo caso si tratterebbe di un Paese “con maggiore rilevanza sistemica”.

(di Silvia Gasparetto/ANSA)

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