Niente manovra, l’Italia tenta la carta dei risparmi

Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici. Ue
I Commissari dell'Economia dell'Unione Europea Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici.

ROMA. – Una mossa dell’ultimo minuto, per dimostrare che l’Italia non si presenta a Bruxelles a mani vuote. E dunque ‘no’ alla manovra correttiva chiesta dall’Ue, ma risparmi, maggiori entrate e dividendi maggiorati da Cdp che consentirebbero – assieme al congelamento di due miliardi già indicato nel Def – di portare un “tesoretto” per convincere l’Europa.

I contorni del piano del premier Giuseppe Conte per scongiurare una procedura per debito e al contempo accogliere il ‘no’ a una manovra correttiva da Lega e Cinque Stelle, si delineano mentre parte il Consiglio Ue e a poche settimane dall’Ecofin decisivo del 9 luglio. Cdp ha convocato gli azionisti per fine mese per distribuire anche l’utile 2018 che era stato messo a riserva: per il bilancio 2019, un bonus da 794,5 miliardi.

Una cifra che è un ‘one off’, una una tantum che il Tesoro (trattandosi di dividendi e non proventi da privatizzazioni) intenderebbe imputare a riduzione del deficit. Resta da vedere se l’Ue pretenderà vada a ridurre un debito stimato in ascesa al 135% del Pil nel 2020.

Altra posta in ballo sono i due miliardi “congelati” che verrebbero portati nell’assestamento di bilancio. Risparmi che verrebbero – nell’impegno offerto all’Ue ma che deve essere ancora ufficializzato – resi permanenti. Sempre nell’assestamento (non ancora licenziato: manca il passaggio della Corte dei Conti) figurerebbero maggiori entrate, tributarie e non, che al netto di maggiori spese frutterebbero 3,2 miliardi.

Infine il governo conterebbe sui risparmi dal tiraggio inferiore alle attese di quota100 e reddito di cittadinanza, con una stima che oscilla fra gli 1,3 e i tre miliardi indicati per il 2019 dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Nel complesso, una “dote” in grado di superare gli otto miliardi (con la miglior stima sul reddito e quota100). La correzione strutturale richiesta delle raccomandazioni Ue equivaleva, fra il 2018 e il 2019, a uno 0,7% di Pil pari a undici miliardi.

L’offerta a Bruxelles poggia anche su risparmi per queste ultime due poste stimati crescere nel 2020 a cinque miliardi, che tuttavia rappresentano poca cosa rispetto alle coperture da trovare per le clausole Iva da disinnescare (23 miliardi) e la ‘flat tax’.

Il punto interrogativo riguarda la natura delle misure messe sul tavolo dal Governo. Buona parte delle quali non strutturali (Cdp, alcune delle maggiori entrate nell’assestamento così come Quota100 e reddito), e sulla base di quelle che sono stime di metà anno.

Tutt’altra cosa rispetto agli impegni messi nero su bianco. La decisione dell’Ecofin sarà dunque tutta politica. Con la maggior difficoltà per l’Italia data dal fatto che la procedura d’infrazione guarda alla traiettoria del debito, prima che il deficit.

(di Domenico Conti/ANSA)

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