Bonisoli riforma il Mibac, più centro meno autonomie

Il Ministro per i beni e le attività culturali, Alberto Bonisoli, con i direttori delle Accademie e degli Istituti di Cultura stranieri presenti a Roma.
Il Ministro per i beni e le attività culturali, Alberto Bonisoli, con i direttori delle Accademie e degli Istituti di Cultura stranieri presenti a Roma. (Foto Ufficio Stampa Mibac(

ROMA. – Le polemiche più feroci sono in agguato per i tre musei autonomi che vengono declassati, in prima linea le Gallerie dell’Accademia di Firenze, la casa del David di Michelangelo, che sparisce dalla lista degli istituti al top tra le lamentele locali la perplessità di voci eminenti come quella dell’ex ministro ed ex direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci.

Ma la riforma della riforma firmata dal pentastellato Alberto Bonisoli per rivedere ancora una volta l’organizzazione del ministero voluto nel 1975 da Spadolini e smontare almeno in parte le novità introdotte dal predecessore Franceschini, sembra comunque destinata a far discutere.

Con i dubbi di Paolucci e gli strali di Vittorio Sgarbi (“una riforma inutile perché il governo cadrà”). Ma anche con i ragionamenti degli esperti dell’Irpa, istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione, che nel nuovo testo individuano almeno “quattro gravi novità”, ovvero, come esemplifica all’ANSA il presidente Lorenzo Casini professore ordinario di diritto diritto amministrativo, “l’ipertrofia del centro, la mortificazione della amministrazione periferica, l’indebolimento del sistema museale, il caos in materia di esportazioni”.

Non solo: comparso a sorpresa nell’elenco delle misure all’esame del Consiglio dei ministri ed approvato in tarda serata, il decreto per la riorganizzazione del ministero del Collegio Romano non è stato sottoposto all’esame del Consiglio superiore dei beni culturali: non era obbligatorio, certo, ma in tanti anni, viene fatto notare, è la prima volta che succede.

Uno sgarbo, insomma, nei confronti del parlamentino Mibac appena insediato (la prima seduta si è svolta martedì 18) che pure aveva chiesto formalmente di poter esaminare il testo del provvedimento prima che questo venisse portato all’attenzione dei ministri riuniti. Tant’è, nel nuovo testo – che l’ANSA ha potuto visionare – viene confermato il taglio alla lista dei musei autonomi che ora saranno 10 a carattere generale (come prima) e 19 a livello non generale (prima erano 21).

Perdono l’autonomia, insieme alle Gallerie dell’Accademia di Firenze, il parco archeologico dell’Appia Antica a Roma (il cui direttore Quilici era stato appena nominato dopo regolare concorso) e il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, attualmente diretto da Valentino Nizzo (anche lui assunto per concorso, il suo contratto scade nel 21). E’ stato salvato invece il Castello di Miramare con il suo museo, contro il declassamento del quale si era espressa a gran voce la Lega.

Confermata anche la nascita della nuova direzione generale per i contratti, così come la ridenominazione della direzione per l’arte contemporanea e l’architettura, che diventa “per la creatività e la rigenerazione urbana” così da dare spazio a moda, design, arti applicate. Confermata anche la stretta sui prestiti e sulla circolazione delle opere Nella relazione illustrativa e in quella tecnica del decreto, si fa notare comunque che “il disegno organizzativo generale del ministero no ha subito modificazioni sostanziali”. E anche che la riforma è stata fatta a costo zero.

Quattro, spiegano gli estensori della norma, le esigenze: la necessità di rafforzare i poteri del segretario generale (in pratica il numero uno amministrativo del ministero), la digitalizzazione, la valorizzazione dei settori della creatività italiana, il rafforzamento delle competenze in tema di concessioni e partenariato pubblico/ privato. Oltre alla necessità, viene sottolineato, di rivedere e rendere più efficienti norme e tutele per la circolazione dei beni culturali.

Quanto alle critiche, Casini (che è stato consigliere dell’ex ministro Franceschini e ha avuto un ruolo di primo piano nell’estensione della sua riforma) fa notare che aumentano “le posizioni dirigenziali attribuite alle strutture centrali” e puntano il dito contro la nuova direzione generale per i contratti che “accentrerà tutte le procedure e sarà stazione appaltante per tutti gli uffici centrali del Mibac e, oltre una certa soglia, anche per quelli periferici, quindi anche per Uffizi, Pompei e Colosseo”.

Criticato anche l’indebolimento delle strutture periferiche e la soppressione delle commissioni regionali. Dubbi arrivano poi sulle nuove norme per la circolazione dei beni, in particolare sull’istituzione di uffici periferici per l’esportazione: “Per la prima volta dopo un secolo, gli uffici esportazione “escono” dalle soprintendenze. E sulla necessità anche per i musei autonomi di fare capo alla direzione centrale per l’archeologia in materia di prestiti. Mentre il taglio dell’autonomia a tre istituti viene letto come un indebolimento dell’intero sistema.

Nel decreto, infine, non viene proprio citato il museo del Vittoriano a Roma per il quale proprio ieri il ministro Bonisoli ha annunciato l’autonomia “a partire dal 2020”. Ma questa, a meno di correzioni dell’ultimissima ora, sarà un’altra puntata.

(di Silvia Lambertucci/ANSA)

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