Visco: “Spread è ridicolo, riflette paura di addio all’euro”

Ignazio Visco insieme a Mario Draghi
Mario Draghi e Ignazio Visco

MILANO. – Il livello dello spread tra Btp e Bund “è ridicolo” e “riflette la paura che il debito non sia ripagato” o venga ripagato “con una valuta diversa” dall’euro. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, imputa anche ai timori di un’Italiexit, che talvolta riecheggia nel dibattito politico e serpeggia nell’euroscetticismo della maggioranza, l’alto rendimento che l’Italia deve pagare per piazzare il proprio debito.

Benché si tratti di “una grande sciocchezza”, spiega nel corso di un dibattito con Giorgio La Malfa e Romano Prodi sul pensiero di John Maynard Keynes, alcuni però ci “credono”. Con un effetto nefasto per il nostro Paese in quanto “genera distanza tra il tasso di crescita e il tasso di interesse” sul debito “e dunque mette un limite alla capacità di utilizzare gli investimenti pubblici per fare le infrastrutture materiali e immateriali necessarie”.

Farebbe molto comodo all’Italia attingere alla spesa pubblica per spingere la crescita, come teorizzato dall’economista britannico, ma, avverte Visco, “c’è un vincolo di bilancio. Abbiamo un debito alto e crescente in rapporto al pil e ci sono dubbi che possiamo sostenerlo”. Servirebbe una “crescita che superi l’onere dell’interesse sullo stesso debito, condizione che, alla luce dei bassi tassi di crescita del Pil e degli alti rendimenti dei Btp, al momento manca. L’auspicio è che vengano adottate “politiche di lungo termine a cui collegare investimenti per garantire un tasso di crescita più alto”.

Ai vincoli alla spesa pubblica si aggiungono investimenti privati al palo. “Le imprese non li fanno perché quello che vedono nel medio e nel lungo periodo, le prospettive, sono tali che scoraggiano l’investimento”. Pesa, da un lato, la “caduta della fiducia che il sistema economico continui a progredire”. Ma anche “le forze politiche” hanno le loro colpe se è vero che le imprese nutrono seri dubbi sulla loro capacità “di rimuovere gli ostacoli all’attività produttiva”.

Non è l’unico appunto che Visco fa alla nostra classe dirigente. “Noi spendiamo come gli altri Paesi ma abbiamo un livello di infrastrutture più basso” quindi occorre interrogarsi su “dove va” la nostra spesa pubblica. “Penso che questo sia un problema che la politica deve porsi”. E, con un occhio rivolto a Roma, boccia la strada di compensare la carenza di investimenti privati con “sussidi”, che andrebbero “finanziati con le imposte”, anziché con “spesa per investimenti”.

Investimenti di cui ci sarebbe un bisogno estremo per arginare un’evoluzione tecnologica che restringe sempre più la richiesta di lavoro. “Servono competenze e conoscenze che non ci sono perché non ci si investe, servono infrastrutture immateriali, materiali, tecnologiche e digitali che non ci sono e da noi ci sono molto meno che altrove”, attacca Visco.

Ma invece di affrontare le “sfide” del cambiamento tecnologico e di una crisi demografica “gravissima”, che sta mettendo in ginocchio il sistema pensionistico, constata amaramente Visco, “discutiamo di altre cose sia in Italia che in Europa e nel mondo”.

(di Paolo Algisi/ANSA)

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