Tria a Londra: “La politica parla, ma noi saremo cauti”

I ministri dell'Interno, Matteo Salvini, e dell'Economia e delle Finanze, Giovanni Tria (D), nel corso del question time a Montecitorio, Roma
I ministri dell'Interno, Matteo Salvini, e dell'Economia e delle Finanze, Giovanni Tria (D), nel corso del question time a Montecitorio, Roma, 12 giugno 2019. ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

LONDRA. – Guardare ai fatti, e ai numeri, ignorando nei limiti del possibile il “rumore” di fondo della polemica politica e degli slogan elettorali. Giovanni Tria si rivolge in questi termini, con l’abito dell’economista se non del tecnocrate, alla platea degli operatori della City e degli interlocutori londinesi in generale nella sua prima visita da ministro nella capitale britannica.

Obiettivo: tranquillizzare gli investitori e il mondo del business sulla direzione intrapresa dall’Italia sotto il giovane governo giallo-verde. La missione si articola in quattro tappe: un intervento al Global Borrowers and Bond Investors Forum 2019; un incontro con rappresentanti di fondi e istituzioni finanziarie al London Bloomberg Building; una riunione con la creme della comunità diplomatica e d’affari italiana nel Regno in ambasciata; un faccia a faccia con l’omologo Philip Hammond, cancelliere dello Scacchiere moderato del governo ormai uscente di Theresa May.

E il messaggio è improntato ovunque alla rassicurazione: con Tria attento a difendere la plausibilità degli “obiettivi” del programma del governo di cui fa parte, dalla flat tax al salario minimo, ma anche a fissarne perimetri, tempi e compatibilità con “gli impegni di finanzia pubblica”. Visto che, come “tutti sanno, l’Italia è in una situazione macroeconomica non molto buona”.

Il ministro non nega che qualche intoppo ci sia stato nelle relazioni con i mercati, ma ne parla come di una cosa del passato. “La fiducia – sostiene – s’era erosa nella seconda metà dell’anno scorso” a causa di alcune “incertezze sulla posizione italiana sull’Europa”, ma “anche di un rallentamento economico” imputato soprattutto agli scossoni internazionali a livello di “commerci”.

Tuttavia sullo scenario attuale egli si mostra ottimista: rivendicando “gli impegni di bilancio” della manovra, un atteggiamento “prudente” in materia fiscale, la convinzione che non occorrerà una finanziaria aggiuntiva l’anno prossimo, la certezza di poter trovare un accordo con l’Ue per scongiurare l’ombra di una procedura d’infrazione per debito eccessivo.

“Questo governo – dice al Global Borrowers and Bond Investors Forum – è più cauto di prima. Non vi soffermate sulle voci (in inglese ‘rumors’) elettorali”. Il linguaggio, come l’idioma, è di quelli che l’uditorio comprende. Anche se la City si attiene al principio britannico del “wait and see”, regola aurea soprattutto di chi maneggia quattrini e capitali in misura considerevole.

Tanto più che l’attenzione del business locale è al momento concentrata più che altro sulla trincea interna del Regno, dove si sta giocando la partita che potrebbe portare entro un mesetto a Downing Street – al posto della dimissionaria premier May – l’imprevedibile Boris Johnson, buon amico di Donald Trump e fautore hard d’una Brexit senza se e senza ma: in caso di necessità pure senz’accordo con Bruxelles (no deal).

Fra gli operatori italiani d’oltremanica, poi, i cenni di assenso verso il verbo di Tria s’incrociano con l’orecchio teso all’immediato controcanto in stile “trumpiano” di Matteo Salvini, di ritorno da Washington. Un controcanto non esattamente in sintonia con le cautele del ministro-professore, dai minibot al taglio delle tasse, come osserva un broker chiedendo l’anonimato. Non senza domandarsi quale voce si debba privilegiare e se Salvini non sia in fondo destinato a diventare – di qui a qualche tempo – “il Boris Johnson italiano”.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)

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