Unione Europea: cure solo per duecentomila europei, troppi ostacoli

Rapporto Pit Salute
Rapporto Pit Salute

ROMA. – Poche informazioni, tanta burocrazia e ritardi nello scambio dei dati sanitari. La possibilità di accedere all’assistenza sanitaria in altri Paesi dell’Unione Europea è ancora un miraggio per molti cittadini. Ad averne beneficiato, in un anno, sono poco più di 200.000 europei, pari a meno dello 0,05% della popolazione.

A fare il punto è una relazione della Corte dei Conti Europea, che sottolinea come “solo una minoranza dei potenziali pazienti sa di aver diritto a ricevere assistenza sanitaria all’estero”. La direttiva UE sull’assistenza transfrontaliera, operativa in Italia dal 2014, mira a garantire il diritto a esser curato in un altro Stato membro e a un rimborso per prestazioni sanitaria e ospedaliera oltre i confini nazionali, all’interno dell’Ue.

Una possibilità particolarmente utile per la cura di alcune patologie, come le malattie rare, per le quali le conoscenze e l’esperienza sono ancora concentrate in pochi centri super specializzati. Come mostrano i dati dell’ultimo Rapporto Pit Salute, presentato da Cittadinazattiva a dicembre 2018, relativamente all’accesso alle cure all’estero, le aree cliniche interessate nelle segnalazioni di mobilità sanitaria sono, innanzitutto, quella oncologica ( 38,7%), quella ortopedica (21,5%), la neurologia (14,7%) e le malattie rare (10,8% nel 2017).

Quanto ai problemi, i cittadini lamentano quelli relativi ai rimborsi spesa (42,7%), alla negata autorizzazione da parte della Asl (nel 38,1% dei casi) e alla mancata o ritardata risposta da parte della Asl (al 19,2%). Secondo la relazione della Corte dei Conti Europa, nel 2016, a registrare il maggior numero di pazienti ‘in entrata’, sono stati Spagna e Portogallo: ne hanno ricevuti rispettivamente 46.000 e 33.000; circa 9.300 quelli venuti invece in Italia. Mentre è stata la Francia quella ad avere più pazienti ‘in uscita’, circa 150.000 (e soprattutto verso la Germania) su un totale di 213.000, a fronte di 200 registrati in Italia.

“I cittadini dell’Ue non beneficiano ancora a sufficienza delle azioni ambiziose previste dalla direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera”, commenta Janusz Wojciechowski, responsabile della relazione. In particolare, precisa la relazione, emergono “problemi e ritardi nel campo dello scambio elettronico dei dati sanitari dei pazienti tra Stati membri”.

“Ci siamo battuti – afferma Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinazattiva – affinché i cittadini europei potessero avere uno strumento in più per la loro libertà di scelta del luogo e delle modalità di cura, ma che ancora oggi mostra limiti nella sua applicazione, anche a causa della scarsa informazione offerta e per le poche risorse messe a disposizione per la stessa”.

Se fosse ben applicata, invece, aggiunge Gaudioso, “questa direttiva porterebbe non solo benefici per la minoranza dei cittadini che vogliono andare a curarsi all’estero, ma migliorerebbe anche la qualità delle cure offerte nei diversi paesi. Sarebbe infatti una spinta a una maggiore apertura dei Centri di eccellenza”.

(di Livia Parisi/ANSA)

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