Conte attende, ma non disposto accettare invasioni di campo

Giuseppe Conte, presidente del Consiglio, durante la onferenza stampa di fine anno con l'Ordine dei Giornalisti.
Giuseppe Conte, presidente del Consiglio, durante la onferenza stampa di fine anno con l'Ordine dei Giornalisti, Roma, 28 dicembre 2018. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – Nel giorno in cui Matteo Salvini si veste da premier, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte resta volutamente in silenzio. Il capo del governo non parlerà finché, dopo le votazioni sulla piattaforma Rousseau, il M5S e Luigi Di Maio non troveranno una nuova quadra. Ma su un fatto, stando anche alle dichiarazioni degli ultimi giorni del premier, l’atteggiamento di Conte molto probabilmente non cambierà: il capo del governo difficilmente accetterà invasioni di campo.

A Palazzo Chigi, ma anche al Quirinale, si ha piena consapevolezza della delicatezza del momento. Già nelle prossime ore il premier lavorerà per facilitare un vertice a tre con Salvini e Di Maio, ritenuto necessario per ripartire. Ma al momento non c’è alcuna certezza sul futuro. E nei palazzi romani la data del 29 settembre come quella delle nuove elezioni assume una concretezza finora sconosciuta.

Anche perché più di un esponente del Movimento è sicuro che Salvini voglia il voto e si chiede quanto i Cinque Stelle possano reggere a quelle che sono definitive come continue “provocazioni” del leader leghista. Sotterraneamente c’è chi, tra i parlamentari della maggioranza ma anche dell’opposizione, pensa a complicati “piani B”.

Il percorso del Quirinale, in caso di crisi di governo, sarà lineare. Il presidente Sergio Mattarella, se prenderà atto della fine della maggioranza gialloverde dovrebbe convocare nuove consultazioni e, senza un accordo per una nuova maggioranza, indire le elezioni. Ma è proprio nel delicato periodo delle consultazioni che il partito del non voto, oggi sotto traccia, potrebbe emergere.

Il M5S, consapevole dell’utopico ritorno al 32% e con la zavorra del limite de due mandati, non vorrebbe tornare in campagna elettorale. E, al di là delle dichiarazioni, due elementi fanno intendere che anche ad alcuni settori del Pd e a FI serva tempo: entrambi i partiti, oggi, hanno annunciato un congresso (per i Dem una Costituente delle idee) in autunno.

In prospettiva si guarda al momento della scelta del nuovo presidente della Repubblica, nel 2022: se il centrodestra stravincesse le elezioni, se lo eleggerebbe – notano dagli altri partiti – da solo. Ma la strada di un governo alternativo per rinviare le elezioni, che vedrebbe Lega e Fdi isolati all’opposizione, è difficilissima e contiene il rischio, per chi la percorra, di far schizzare ulteriormente le percentuali di Salvini. Né, al momento, sembra praticabile l’idea di un Conte-bis, alla quale pure qualcuno, in transatlantico, accenna. La terza ipotesi che si fa è una nuova maggioranza Lega-Fi-Fdi con in più una pattuglia di transfughi M5s, ma per concretizzarsi avrebbe bisogno di tempo.

Salvini nega di voler andare a votare. Lo ripete in ogni occasione. Non vuole avere lui il cerino della rottura. Se il governo cadrà, dovrà essere ben chiaro – spiegano i leghisti – che la responsabilità è dei no del M5s. Si spiega così anche la scelta di contraddire la linea ultragarantista e far dimettere subito Edoardo Rixi: far cadere il governo su un viceministro condannato, avrebbe prestato il fianco agli attacchi degli altri partiti e rischiato di far perdere voti. Se rottura deve essere, sia sulle tasse e avvenga al più presto, dice più di un leghista: a settembre sarebbe più facile cavalcare l’onda delle europee e almeno raddoppiare i seggi in Parlamento.

(di Michele Esposito e Serenella Mattera/ANSA)

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