Il Premier riferisce a Mattarella, resta l’allarme conti

La torretta del Quirinale illuminata con i colori della bandiera italiana. Tricolore
La torretta del Quirinale illuminata con i colori della bandiera italiana.

ROMA. – Un colloquio cordiale, richiesto da palazzo Chigi, improntato al realismo della difficoltà attuali dell’esecutivo. Un colloquio che il Quirinale recepisce come un serio ma complesso tentativo di andare avanti dopo il ribaltamento dei rapporti di forza all’interno del governo giallo-verde. Con la consueta attenzione del presidente Sergio Mattarella alle dinamiche europee e alla tenuta dei conti pubblici e con i fari puntati – confermano fonti di maggioranza – anche sulla lettera di richiamo della Commissione europea. E quindi alle indifferibili risposte che il governo italiano dovrà dare a Bruxelles.

Nel riserbo generale questo si può raccontare del colloquio tra Mattarella e Conte che è avvenuto dopo tre step fondamentali del premier: il vertice informale di ieri a Bruxelles che ha dato l’avvio alla delicata partita delle nomine europee; il lunghissimo incontro di oggi con il vicepremier Matteo Salvini; l’altrettanto importante faccia a faccia con Luigi Di Maio, leader politico di un Movimento in estrema difficoltà.

Non è però un caso che il presidente del Consiglio poco dopo aver lasciato gli ovattati saloni del Quirinale si sia riunito a palazzo Chigi con il ministro dell’Economia Giovanni Tria per trovare modi e forme per replicare alla reprimenda della Commissione che quasi certamente sfocerà in una richiesta di manovra correttiva. Toni morbidi per un tema urticante oggi al Quirinale, dove Mattarella e Conte sicuramente hanno affrontato il problema dei conti pubblici con attenzione.

E certamente con grande consapevolezza della necessità di non sottovalutare le relazioni con Bruxelles. Anche perché se oggi la lettera è partita dalla vecchia Commissione tutto lascia prevedere che la nuova che si comporrà non sarà certamente più morbida verso l’Italia. Quindi da parte di Mattarella ci si è limitati ad un ascolto delle intenzioni del presidente del Consiglio che gli ha riferito le posizioni post-voto di Lega e M5s. E si resta in attesa di ulteriori conferme a riguardo.

Il presidente – si ripete – in questa fase può unicamente prendere atto delle decisioni della maggioranza e attendere che gli vengano rappresentate in modo definitivo (visto che tutto sembra appeso ad un vertice vero, cioè a tre, tra Conte, Salvini e Di Maio). Ma se la decisione finale sarà quella di proseguire con il governo giallo-verde non ci sarà bisogno né di interpellarlo né di un suo intervento. Se tutto finisse, per un incidente parlamentare o per volontà politica, allora la strada è costituzionalmente tracciata: consultazioni e, senza una nuova maggioranza, elezioni anticipate.

Preferibilmente a settembre, perché – è cosa nota – serve un governo politico che faccia la legge di Bilancio 2020. L’esercizio provvisorio, pur non vietato, è sempre un trauma politico con conseguenze imprevedibili. Certamente non sancito in Costituzione, testo fondamentale anche oggi richiamato dal presidente come collante indispensabile per tenere unito e saldi il Paese: “bene che ci sia confronto, dialettica di idee, di posizioni, di convinzioni. Ma quel che tiene unito, al di sopra di questo, il nostro Paese è il complesso dei valori che la Costituzione indica”, ricorda a un gruppo di studenti saliti al Quirinale.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)

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