Salvini studia da premier, incognita mercati e centrodestra

Il ministro dell'Interno e Vice-premier, Matteo Salvini, sul palco della Lega ringrazia gli elettori dopo il trionfo nelle europee
Il ministro dell'Interno e Vice-premier, Matteo Salvini, sul palco della Lega ringrazia gli elettori dopo il trionfo nelle europee. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

ROMA. – Ora che la missione è compiuta, Matteo Salvini può permettersi di tornare alla cravatta verde. E’ la sua Lega a sfondare in tutta Italia: chi l’aveva mai visto a via Bellerio il 34,3%. Sette milioni e mezzo di voti in più in cinque anni. Due milioni e duecentomila preferenze personali, il quadruplo di Silvio Berlusconi. Salvini è il leader assoluto del centrodestra, anche se il centrodestra non è ancora tutto suo. Bacia il suo rosario, posa con sorriso smagliante, vince a Riace, Lampedusa, nella rossa Emilia, stravince nella Lombardia turbata dalle inchieste giudiziarie.

La cravatta verde non è più simbolo di una ridotta lombardo-veneta: il leghista non la sfoggia a via Bellerio ma al Viminale, da ministro dell’Interno. Ma Salvini bada bene a condire di un po’ di preoccupazione, il giorno del suo trionfo. Lo fa tenendo bene a mente il caso Renzi: “Il suo 40% non portò bene, poi perse il contatto con la realtà”.

La realtà ora si annuncia più complicata di quanto i numeri delle urne lascino vedere. Dalla lettera Ue che potrebbe portare a una richiesta di manovra bis e una procedura per debito eccessivo, ai 23 miliardi da trovare per non far aumentare l’Iva. I prossimi mesi si prospettano travagliati, potrebbe esserci una nuova tempesta sui mercati e la nuova commissione Ue potrebbe essere avversa.

Ecco perché il leader della Lega anche se è sicuro di poter ora dettare legge nel governo, nel giorno di trionfo si preoccupa di usare toni rassicuranti verso Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Perché dopo la debacle il M5s potrebbe non reggere, il governo cadere. Si aprirebbe quella crisi al buio che la Lega vorrebbe evitare. Andare alle elezioni prima di aver fatto almeno un pezzo di flat tax e nel bel mezzo di una frenata economica, potrebbe essere rischioso per Salvini.

Alcuni dei suoi gli consigliano di farlo: staccare subito la spina e andarsi a prendere Palazzo Chigi. Ma le incognite sono tante. A partire dagli alleati di centrodestra. Berlusconi è debole ma resiste. Il presidente di FI avrebbe fatto giungere al leader della Lega la proposta di andare al voto con un unico listone, modello Pdl, di cui lui sarebbe il leader indiscusso: secondo le proiezioni vincerebbe la gran parte dei collegi.

Ma la proposta è meno allettante di quel che appaia, anche perché vorrebbe dire abbandonare il progetto Lega. Per ora non se ne discute: è un pensiero lontano, dicono a via Bellerio. Nel dopo europee nessun contatto di Salvini – fanno sapere – con il Cavaliere né con Giorgia Meloni. Ma in un centrodestra che conquista pure il Piemonte, le ipotesi sono tutte sul tavolo.

Berlusconi convoca un ufficio di presidenza per il “rinnovamento” di Fi e cerca di portare in dote a Salvini un’alleanza tra il Ppe e i sovranisti. Ma dentro Fi la tensione è alta: a chi come Carfagna e Toti chiede al Cavaliere di rinnovare, Mulé chiede di fare prima autocritica. E’ meglio aspettare che si compia il redde rationem tra gli azzurri, osservano da Fdi. E’ a un’alleanza in esclusiva con Salvini che lavora Meloni: Lega più Fdi fanno più del 40%.

Ma Salvini per ora non guarda al voto. Non vuol essere lui a rompere il patto gialloverde, se non saranno i pentastellati a creare il casus belli. Il ministro dell’Interno tenterà in prima battuta di prendersi la guida di fatto del governo. Assicura di avere la sola “ambizione” di restare al Viminale “a lungo” e invita Di Maio, in grande difficoltà, ad avere “nervi saldi”. “Non ho io la golden share”, si spinge a dire.

La realtà però è diversa. Lo ammette lo stesso ministro Salvini quando racconta di aver sentito Viktor Orban, Marine Le Pen, Nigel Farage, di aver ricevuto i messaggi “di tanti uomini e donne di Chiesa” per nulla turbati dal suo votarsi al rosario. “Tocca a te”, è il messaggio che gli giunge da “vertici dell’industria, delle imprese, dello sport, dell’arte”. E’ lui l’azionista forte del contratto di governo. E Salvini mentre lo nega, lo rivendica dicendo che ora la Tav si farà e si farà l’Autonomia.

Si farà pure il decreto sicurezza, per tenere il punto su quel fronte che vede la Lega vincere dalla periferia di Roma fino a Mirandola. Nel giorno della vittoria il leghista riabilita pure Armando Siri: con lui lavorerà a quel taglio delle tasse che deciderà il futuro politico del progetto del “Capitano”. Lì si vince o si perde, mercati e Cinque stelle permettendo.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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