Presto lettera Ue all’Italia, rischio multa da 3,5 miliardi

Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria seduto in Parlamento
Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria seduto in Parlamento. (ANSA, foto archivio)

ROMA. – Ancora pochi giorni, forse poche ore, e la Commissione europea invierà all’Italia l’attesa lettera sul debito pubblico. Giuseppe Conte e Jean Claude Juncker ne parleranno probabilmente faccia a faccia al Consiglio europeo e poi, da mercoledì, ogni giorno per i commissari potrebbe essere quello buono per chiedere al governo italiano chiarimenti sul progressivo aumento del rapporto debito-Pil, in aperta controtendenza rispetto ai parametri europei.

La lettera arriverà sicuramente entro questa settimana e da quel momento partirà un fitto dialogo tra Roma e Bruxelles che potrebbe portare, nel caso di scontro estremo tra le due parti, fino all’ipotesi di deposito cauzionale (che potrebbe trasformarsi nell’imposizione di una sanzione) pari allo 0,2% del Pil, ovvero 3,5 miliardi di euro, ai danni dell’Italia.

Un’opzione ancora tutta da verificare, che richiederebbe tempi comunque piuttosto lunghi con più passaggi successivi nel collegio dei Commissari e all’Ecofin, ma che Matteo Salvini, forte del trionfo alle urne, respinge immediatamente al mittente. Il leader della Lega ha invitato la Commissione “a prendere atto che i popoli hanno votato per il cambio e la crescita” e che l’era “della precarietà e della disoccupazione”, come l’ha definita, “è finita”.

“Quello che è chiaro – ha ribadito più volte il vicepremier nel corso della giornata post elettorale – è che non si alzano le tasse, che l’aumento dell’Iva non esiste” e che i parametri di Maastricht, a partire dal 3% di deficit difeso invece da Vincenzo Boccia, vanno ridiscussi. Parlare ora di una possibile multa miliardaria è effettivamente prematuro perché la partita è in realtà ancora tutta da giocare e l’incertezza del momento, in Italia come in Europa, si è vista anche sui mercati, inizialmente poco mossi, ma innervositi nel corso delle ore proprio dalla sostanziale ambiguità della situazione.

C’è chi dice per lo spettro sanzione, chi per l’ammorbidimento di Luigi Di Maio sulla flat tax (che potrebbe preludere ad uno sforamento del 3% di deficit), chi per l’ennesima uscita pro spesa del leghista Claudio Borghi, lo spread tra Btp e Bund è salito rispetto alla chiusura di venerdì di 15 punti base, arrivando a 282.

Quello italiano è stato l’unico differenziale a salire in Europa: anche quello della Grecia, sulla scia del successo della ND e delle elezioni anticipate richieste da Alexi Tsipras, è diminuito, portandosi a 40 punti dal decennale italiano e ad appena 13 dai titoli a tre anni. Piazza Affari, nonostante l’exploit di Fca e Exor per la fusione annunciata con Renault, non è riuscita a chiudere in positivo, fermandosi a -0,06%.

I mercati potrebbero peraltro mandare qualche ulteriore segnale nelle prossime aste di titoli di Stato: Btp indicizzati a 5 e 10 anni per 2,5 miliardi e Ctz a 24 mesi per 2,5 miliardi prima e Bot a sei mesi per 6,5 miliardi poi. Ma la tensione, fatto salvo un terremoto interno tra Lega e M5S che per ora escludono ribaltoni politici, potrebbe alzarsi dopo, probabilmente nei primi giorni di giugno.

Quando arriverà la lettera della Commissione, l’Italia avrà due giorni di tempo per rispondere alla richieste di chiarimento e convincere l’Europa della bontà delle proprie scelte di bilancio e delle proprie previsioni. Poi, il 5 giugno, la Commissione invierà le proprie raccomandazioni, evidenziando un’eventuale deviazione a partire dal 2018.

Non solo l’Italia non ha infatti ridotto il debito pubblico durante lo scorso anno, ma anche le stime sul 2019 e sul 2020 differiscono profondamente tra governo e Ue. Nel Def è previsto un debito in aumento al 132,6% del Pil quest’anno e in riduzione al 131,3% nel 2020. La Commissione prevede invece un rialzo al 133,7% nel 2019 e un ulteriore aumento al 135,2% l’anno prossimo.

(di Mila Onder/ANSA)

 

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