Minacce incrociate. Di Maio: “Se l’inchiesta cresce si rompe il contratto”

Un graffiti apparso nei giorni scorsi con Di Maio e Salvini opposti. Imprese
Un graffiti apparso nei giorni scorsi con Di Maio e Salvini opposti. (ANSA)

ROMA. – Una crisi di governo per “l’allargarsi” dell’inchiesta per corruzione su Armando Siri. La evoca Luigi Di Maio, all’indomani della cacciata del sottosegretario dal governo. E dà fuoco alle polveri di una campagna elettorale dai toni già esplosivi. La Lega contrattacca su tutti i temi fuori e dentro l’agenda del governo. E Matteo Salvini corregge Di Maio: un problema di tenuta dell’esecutivo si apre se non si fa la tassa piatta voluta dalla Lega.

La “crisi” approda così sui palchi della campagna elettorale. Da Sibiu, dove partecipa a un vertice europeo, il premier Giuseppe Conte dichiara chiuso il caso Siri e descrive un “governo non distratto da polemiche ma determinato a lavorare”. Ma proprio sulle cose da fare si scatena una contrapposizione furibonda tra alleati. E la minaccia reciproca di far saltare tutto. I Cinque stelle, ragionano i leghisti alla Camera, “al contrario di Salvini” non hanno alcun interesse a tornare al voto e quindi dal 27 maggio cambieranno totalmente registro.

Ma intanto si pensa alla domenica elettorale: la forbice che separerà i due partiti deciderà i rapporti di forza nel governo per il futuro. Perciò Di Maio lavora per recuperare terreno sulla Lega e attacca dove fa più male: sulla possibilità, paventata dagli stessi leghisti, che l’ondata delle procure non si arresti. Il leader M5s non incalza sull’indagine lombarda che viene coinvolto anche Attilio Fontana (anche l’ex compagna di Salvini viene sentita come teste) ma continua a martellare sull’accusa per corruzione a carico di Siri e sulla sentenza attesa il 30 maggio sul viceministro leghista Edoardo Rixi per le “spese pazze” in Liguria. Il caso Rixi, in caso di condanna, promette di tenere banco nel dopo voto. E in transatlantico si vocifera di una nuova inchiesta sulla sanità in Lombardia.

Ma i leghisti pubblicamente ostentano distanza dagli attacchi “giustizialisti” dei pentastellati. Di Maio attacca: “Nella Lega dopo aver visto gli ultimi sondaggi che davano in ripresa il Movimento sono andati in paranoia, provocano e sparlano di tutto per prendere qualche voto in più”. Ma in casa leghista la linea è non replicare, tenersi lontani dal ring delle inchieste, e contrattaccare sui temi di governo, senza fare più “sconti”. Con l’idea di reggere la volata elettorale puntando al 30% e poi andare all’incasso, chiedendo la revisione del contratto di governo, oltre a un rimpasto. Se il muro M5s su temi come l’autonomia non si scalfirà, raccontano i leghisti, allora le elezioni – magari a ottobre – saranno un’opzione concreta.

E così le divergenze dissimulate finora, vengono ostentate nelle piazze. Salvini lancia la sua crociata contro i canapa shop e Di Maio gli chiede provocatorio di chiudere le piazze mafiose dello spaccio. Il leader M5s invoca un vertice per discutere insieme flat tax e salario minimo e il leader della Lega platealmente ignora il suo invito. Anzi, la Lega rilancia la sua proposta di tassa piatta al 15% per le famiglie fino a 50mila euro di reddito: costa 13 miliardi, una enormità se si pensa che quest’anno dovranno essere trovati 23 miliardi solo per evitare l’aumento dell’Iva. Ma Salvini, che definisce il reddito di cittadinanza una “toppa” sul tema povertà, pretende che si faccia: se il governo non la sosterrà, ne farà una proposta parlamentare. E allora, se mancherà il voto M5s, dicono i leghisti, magari la voteranno altri, a partire Fi e Fdi.

E la Tav? “L’opera sta andando avanti, non prendiamoci il giro. Prendiamone atto e finiamola”, sbotta Massimo Garavaglia, di solito misurato nelle dichiarazioni. Al Senato la Lega ha presentato anche un emendamento allo “sblocca cantieri” per blindare l’opera. E si annuncia battaglia parlamentare pure sul decreto crescita, che contiene la norma “salva Roma”. Il tema dell’autonomia Salvini ha chiesto alla ministra Erika Stefani di portarlo sul tavolo del prossimo Consiglio dei ministri, nonostante le resistenze pentastellate.

Ma i grillini replicano colpo su colpo, fanno notare che la legge sui “canapa shop” l’aveva votata anche la Lega. E che sulla flat tax c’è il problema delle risorse: il ministro Giovanni Tria si è detto contrario allo sforamento del tetto del 3% di deficit proposto da Salvini. Il M5s vede, causa inchieste, una difficoltà della Lega. E la cavalca. Da qui al 26 maggio può solo andar peggio.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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