Inchieste e conti pesano sulla crisi, si stringe spazio per il voto

I due vice-premier Luigi Di Maio e Matteo Salvini seduti nei banchi del Governo alla Camera dei Deputati.
I due vice-premier Luigi Di Maio e Matteo Salvini seduti nei banchi del Governo alla Camera dei Deputati. (ANSA)

ROMA. – Oggi è un po’ più stretto il sentiero verso le elezioni anticipate. Ne sono convinti in casa Cinque stelle, a dispetto dei toni da battaglia della campagna elettorale. I conti pubblici in affanno e le inchieste giudiziarie che ridanno fiato al giustizialismo pentastellato, rendono per la Lega più difficile aprire una crisi di governo. Ma i conti si faranno davvero allo spoglio dei voti, nella notte del 26 maggio. Perché la “spaccatura” con il M5s, come osserva Matteo Salvini, di fatto già c’è. E potrebbe sfociare in crisi di governo.

Il leader della Lega lo nega, ma qualcuno dei suoi lo auspica. Se si sfonderà il 30% alle europee, è la tesi di qualche dirigente leghista, conviene rompere subito. A imbrigliare le scelte politiche sarà di sicuro la difficile partita della prossima legge di bilancio.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che alla tenuta dei conti pubblici ha sempre mostrato la massima attenzione, non può che auspicare – affermano fonti parlamentari – che a varare la prossima, corposa, manovra sia un governo nel pieno delle sue funzioni. I dati diffusi da Bruxelles erano in larga parte attesi, viene sottolineato. Ma ciò non toglie la gravità del momento, con il rischio che la salita dello spread prosegua, fino a diventare una nuova tempesta sui mercati.

E anche se Salvini annuncia di voler sforare il 3% di deficit con l’aiuto della nuova ondata sovranista a Bruxelles, i margini in Ue si annunciano fin d’ora ridotta. Per mettere al riparo i conti pubblici, si annunciano ore di scelte complicate. Quando da Napoli il capo dello Stato invoca “tempestività” nelle decisioni di governo, in transatlantico alla Camera leggono le sue parole come un avvertimento per il dopo europee.

Bisognerà, è la deduzione, rimettere subito a pieno regime la macchina del governo o certificare la crisi. Perché i tempi delle scelte saranno ben più brevi di quelli immaginati dai partiti: non solo arriverà a giugno l’appuntamento con la probabile procedura europea per debito eccessivo, ma anche per la manovra 2020 bisognerà iniziare a lavorare subito, soprattutto se si vogliono trovare le leve giuste per evitare l’aumento dell’Iva e magari fare un pezzetto di flat tax.

Tra i leghisti c’è chi sottolinea che la scelta di Salvini, dopo il voto, sarà assai complicata. Perché una crisi al buio potrebbe anche portare a una soluzione diversa (e oggi da tutti negata) come un governo istituzionale. Un governo politico sostenuto in Parlamento da una maggioranza diversa (centrodestra più ‘transfughi’ o M5s più Pd) sembra al momento ipotesi assai remota.

Dunque il voto anticipato, a fine luglio o settembre, resta un’opzione aperta: nulla lo impedisce, ragionano anche al Quirinale. Ma il leader leghista avrà più difficoltà a rompere di quanto si pensasse, scommettono i Cinque stelle. Andare alle urne con la zavorra dei venti di crisi economica e delle inchieste, potrebbe non convenirgli.

Gli arresti in Lombardia, che in transatlantico portano qualche esponente di centrodestra a sussurrare di una giustizia a orologeria, fiaccano Forza Italia e riducono lo spazio di manovra – ragiona il M5s – dell’opa sul centrodestra di Salvini. Ma è al 26 maggio che guarda il leader della Lega. Bisogna centrare il 30% e superarlo. Dopo, si deciderà cos’è meglio fare per mantenere quel consenso.

(Di Serenella Mattera/ANSA)

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