I mercati archiviano S&P, l’Italia attende la fine della recessione

Mercati: Una immagine dell'esterno del palazzo della Borsa di Milano.
Una immagine dell'esterno del palazzo della Borsa di Milano. ANSA

ROMA. – L’effetto positivo della decisione di Standard and Poor’s di confermare il rating dell’Italia si fa sentire sullo spread tra tra Btp e Bund, in attesa che l’Istat sciolga domani le riserve sulla fine della recessione. Nei primissimi scambi della mattinata, il differenziale tra i titoli a 10 anni è sceso a 253 punti, abbandonando i picchi di giovedì e venerdì scorso, vicini ai 270 punti base.

Come da prassi, nei giorni a ridosso del pronunciamento dell’agenzia il mercato ha venduto i titoli italiani temendo una possibile bocciatura, ma è tornato poi a comprare una volta scampato il pericolo peggiore. La discesa non è però andata oltre e già a metà mattinata lo spread è tornato intorno ai 260 punti, livello mantenuto fino alla chiusura a 258. E’ andata invece meglio alle banche quotate a Milano.

Gli istituti di credito italiani, che hanno complessivamente in pancia circa 390 miliardi di titoli dello Stato, hanno tirato un sospiro di sollievo a Piazza Affari, trascinando con sé il listino. Con rialzi tra il 2% e il 3%, Mps, Unicredit, Intesa e Bpm hanno bilanciato il calo degli energetici, penalizzati dal ribasso del prezzo del petrolio, permettendo all’indice Ftse Mib di rimanere sulla parità e di chiudere in lieve rialzo (+0,23%). Un risultato allineato alle altre piazze europee, ad eccezione di Madrid, indebolita dall’incertezza legata all’esito delle elezioni.

Archiviato il caso rating, l’attesa è ora tutta per i dati Istat sul Pil del primo trimestre dell’anno. La stima flash dell’Istituto di statistica, che fornirà a distanza di poche ore anche i numeri su mercato del lavoro e inflazione, potrebbe sancire una ripresa, anche se minima, registrando il segno più dopo due trimestri consecutivi di calo del Pil. Il terzo e il quarto trimestre del 2018 si sono infatti entrambi chiusi con una flessione dello 0,1%, marginale ma sufficiente per fare entrare l’economia italiana nella cosiddetta recessione tecnica.

Il peggio dovrebbe per essere alle spalle, come pronosticano gran parte degli analisti e come hanno previsto anche Bankitalia e Ufficio parlamentare di bilancio, anche se l’economia italiana rimane esposta a rischi in tutta la sua fragilità e nella sua sostanziale carenza di fiducia. Come certificato dalla Commissione Ue, ad aprile il ‘sentiment’ economico è sceso in Italia di 1 punto, in linea con il calo di 1,6 punti registrato dall’indice nella zona euro.

Le stime per il 2019, che il governo ha aggiornato ad aprile nel Def, e che la Commissione europea aggiornerà il 7 maggio, superano di poco lo zero virgola e molto dipenderà dall’impatto del decreto sblocca cantieri e del decreto crescita. Il primo, volto a snellire le procedure e a rilanciare le opere infrastrutturali, ha iniziato il suo iter parlamentare in Senato, mentre del secondo, approvato in una sorta di seconda lettura nel cdm del 23 aprile, si sono momentaneamente perse le tracce, in attesa della firma del capo dello Stato, della pubblicazione in Gazzetta e dell’approdo in Parlamento. A ritardare non sono solo le misure pro-imprese contenute nel testo, ma anche le norme per i rimborsi ai risparmiatori, che alcune associazioni sono tornate oggi a reclamare.

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